L’arte
deve comunicare un messaggio universale, deve saper cogliere l’essenza della
realtà, che oggi spesso non viene tenuta in alcun conto. Questo è in sintesi il
pensiero di
José Luis Serzo (Albacete, 1977; vive a Madrid), la cui ricerca si
esprime attraverso diversi media, a mostrare come solo l’interazione dei
linguaggi può avere efficacia comunicativa.
Prima e
fondamentale espressione è la pittura, nella quale il mito, la fiaba, la
dimensione immaginifica consentono di decantare le situazioni immanenti e di
agire in un’atemporalità che tocca l’assoluto.
Serzo è un narratore di storie: sa raccontare attingendo a
un immaginario rutilante, mai superfluo. Si trova a suo agio nella lontananza
non solo del tempo, ma anche dello spazio. Accompagna lo spettatore in
un’avventura entusiasmante, che coglie la vita nel suo fluire ininterrotto, in
tutti i suoi incommensurabili accadimenti.
Il progetto della mostra (
Blinky, Maya y Los Luciérnagos) costituisce un capitolo della
storia infinita alla scoperta dell’esistenza. Blinky Rotred, l’alter ego di
Serzo, orchestra una situazione “teatrale”, il cui fulcro è costituito da Maya,
la figlioletta dell’artista, che diventa una speranza utopica, un segno
messianico spalancato su un mondo nuovo.
La luce, leitmotiv del progetto, sottolineata dai
“luccioli” (
luciérnagos) del titolo, è un lume interiore che, poco alla volta, diviene
cosmico e illumina l’oscurità della notte, in un mondo che ha smarrito il
senso.
Serzo ha costruito la mostra come una pièce teatrale
suddivisa in tre atti. I personaggi – oltre a quelli già citati, vi sono la
clown, il soprano, l’attore secondario, lo sceneggiatore e l’alchimista –
agiscono intrecciando le loro storie, così da costruire uno scenario
fantasioso.
Lo spettatore che entra nella prima sala riceve il
benvenuto da una mano che si affaccia dal sipario ancora chiuso. Su una parete,
alcune fotografie paiono alludere a momenti di una nuova realtà.
Nella sala successiva si celebra il secondo atto, il cui
centro è costituito dall’installazione
De los banquetes para una bienvenida, una tavola apparecchiata per il
banchetto di benvenuto, con un gusto barocco, evidente nelle quattro teste che
reggono i candelieri. Frutti e fiori all’intorno richiamano un mondo primigenio,
ove regna l’armonia di una serenità riconquistata, una sorta di età dell’oro
nel segno della purezza dello spirito.
Sentimento, questo, che si respira nell’ultimo atto,
soprattutto nel dipinto
Maya y Los Luciérnagos, nel quale i personaggi giungono
alla contemplazione di un’originaria grandezza, recuperata con la forza
dell’immaginazione e della poesia creatrice.
Un gioco di specchi, laddove i frammenti della vita si
ricompongono per generare nuove prospettive.