Il manifesto non è “strumento di comunicazione elitaria”, come spesso qualcuno intende proporlo. Il manifesto è l’arte di tutti, l’arte di strada, per il popolo.
Ogni manifesto racconta un prodotto dietro il quale c’è una storia. La storia che si racconta in questi giorni alla GAM di Torino è quella della Fiat – Fabbrica italiana di Automobili – come recitava il primo manifesto, classe 1899, dell’azienda automobilistica torinese.
Allora, la pubblicità moderna era ai suoi esordi e per conquistare il cuore del dinamico, ma pur semplice popolo italiano, ci si affidò alle sapienti doti grafiche di
Il successo della comunicazione illustrata va di pari passo con la scalata industriale della società di Torino, che nel 1909 conquista un posto d’onore tra le più note industrie automobilistiche europee; ma solo più l’azienda decide di trasformare quella che fino ad allora era stata una sorta di vezzo autocelebrativo – nel 1923 si affidò alla matita di Plinio Codognato per creare un cartellone che celebrasse la vettura tipo 806, vincitrice del Gran Premio di Francia con felice Nazzaro e del Gran Premio d’Italia con Pietro Bordino.
Nel 1925 vi fu la svolta con la realizzazione di più manifesti per ogni tipo di vettura prodotta. Nascono collaborazioni con i grandi illustratori dell’epoca che sfociano in originali capolavori pittorici e pubblicitari.
Plinio Codognato ne realizza sei dal ’25 al ’33, tra i quali spicca il centauro di fuoco che innalza la Fiat 509 e la Balilla, sponsor del regime fascista più che della
Giuseppe Riccobaldi del Bava realizza nel 1928 “La Rampa”, opera dai riecheggiamenti futuristi che s’ispira alla rampa di accesso del Lingotto.
Marcello Dudovich è il prescelto per reclamizzare nel 1934 la nuova Balilla per tutti, quella dell’elegante, signora vista di spalle, mentre s’avvicina alla vettura.
Anche un nome illustre come De Chirico si presta a dipingere, nel 1950, un manifesto per la prima vettura del dopoguerra, la 1400, un dipinto ad olio che raffigura un paradiso di cavalli alati e dei, che, ahimè, si dimostrano poco interessati alla luccicante automobile.
Nel 1957 termina l’avventura della pubblicità disegnata che, lasciando spazio ai nuovi mezzi d’espressione, si fa ricordare per l’eleganza e la semplice l’originalità che scaturiva dalle matite dei geni dell’illustrazione.
I sessantuno manifesti d’epoca della Fiat, in stampa litografica, esposti alla galleria, provengono da un’importante collezione privata, quella di Franco Bono, appassionato d’arte, che per livello di completezza è paragonata a quella della Fiat stessa.
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Federica De Maria
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