5 distretti di New York: scorci metropolitani che nelle fotografie rielaborate di Marco Marello assumono una nuova identità. Strade innaturalmente vuote ripopolate artificialmente da entità aliene, folle di passanti fluttuanti dall’aspetto di ectoplasmi, scenari urbani post-atomici. Il tutto condito da tonalità fortemente acide che ne esaltano la natura irreale. La dimensione della grande metropoli, se da un lato è un pretesto per esplorare le molteplici possibilità espressive offerte dalla computergrafica, dall’altro costituisce l’immaginario del giovane artista torinese. Che è assiduo frequentatore della città di New York e di quei ritmi dettati dalla sottocultura prodotta direttamente dalla strada: breaking, djing, rap, writing style.
Soggetti prevalenti dei suoi lavori sono, dunque, quei miti e riti officiati dagli adepti dello stile di vita hip hop, nato proprio in questa città nella metà degli Anni 70 e improntato al libero scambio tra le diverse discipline artistiche. Il tutto, però, non si riduce solo a questo. Perché entra in gioco un elemento ulteriore rappresentato dalla tecnologia, che Marco Marello dimostra di possedere ampiamente grazie alla professione di graphic designer.
Ciò gli permette di convertire in digitale la propria passione per l’arte dei murales, che già realizza su tela, e ottenere lo stesso stile sporco che contraddistingue un graffito su muro. Utilizzando i più noti programmi di grafica come Photoshop e FreeHand e trasformando le fotografie formato jpeg in immagini vettoriali (più fluide e malleabili perché caratterizzate da linee e curve) arriva a riprodurre quelle splendide imperfezioni tipiche di quei disegni, frutto dell’imprevedibilità delle gocce di vernice e delle bombolette spray. Un manipolatore di forme e colori elettronici che, al pari di un dj in ambito musicale, offre un campionario di elementi noti, tutti trasfigurati dall’estro personale.
claudia giraud
mostra visitata il 13 gennaio 2005
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