Dadamaino (Milano, 1935-2004) affermava che “
noi proiettati nel mondo viviamo avventure incredibili catapultati dai nostri desideri e protetti dai nostri valori”. Questa commistione di “desideri e valori” dà un senso preciso all’esistenza, nella quale interagiscono lo spirito e la matrice biologica. L’uomo è dunque visto nella sua totalità, costituita da bisogni e necessità materiali, oltre che da una dimensione interiore. Non va altresì dimenticato che la vita di Dadamaino è stata caratterizzata da un convinto impegno sociale e politico, che le ha costantemente fatto sentire l’importanza della compartecipazione delle idee, la necessità di sottrarsi all’isolamento.
L’antologica presso la Galleria Carlina ripercorre le tappe fondamentali della sua ricerca, a partire dagli anni ’60, con una valida selezione di opere che ben esemplificano il lavoro.
Nella sala d’ingresso è disposto un ciclo intitolato
Il movimento delle cose. Si tratta dei lavori più recenti, degli anni ’90, punto d’arrivo di un’analisi fondata quasi ossessivamente su un alfabeto personalissimo, fatto di segni tanto brevi quanto intensi, simili a un soffio, a una brezza di respiro. Il pensiero va immediato all’idea di
élan vital, al pulsare ininterrotto dell’esistente, soggetto a continue metamorfosi e trasformazioni. Il segno, più o meno marcato, si compone con altri segni, in un andamento ondivago, sinuoso, che diviene incessante.
La ripetitività non è mai vuota, piuttosto suggerisce l’iterazione di una forza magmatica, che genera una corrente continua.
In tutti i lavori, spazio e tempo hanno un ruolo fondamentale. Il tempo è l’autenticità dell’istante, contrapposto alla piattezza dell’omologazione. Lo spazio è il luogo dove l’idea si concretizza e dove la mano, trascinata dall’intuizione, rende visibile il pensiero. Nulla resta mai astrattamente concettuale: nella realtà si devono cogliere i comportamenti, gli atteggiamenti. Il movimento pone anche in evidenza la ricerca faticosa dell’identità, ed evoca dialetticamente l’apertura, la liberazione da ogni vincolo, la capacità di uscire dall’individualismo. Le barriere appaiono aggirabili, gli ostacoli eludibili, se si assecondano le corrispondenze, il fluire delle sensazioni e delle intuizioni.
Il percorso della mostra prosegue attraverso i
Rilievi degli anni ’60, nei quali la carta intagliata e sollevata evoca un’energia liberatoria, le
Superfici e i
Volumi che sottolineano la ricerca di equilibrio e misura, e le
Costellazioni, realizzate con cromatismi pastello, azzurro, viola, che si propongono come punti di riferimento nell’universo della vita, impulsi vividi di assoluto.
È proprio questo il messaggio più importante che si coglie, riconsiderando il lavoro dell’artista ad alcuni anni dalla sua scomparsa: l’idea di un nomadismo della mente, che si dilata e trova un senso nell’abbandonarsi al cosmo.