Lâarte
cinetica non ha mai goduto dâuna grande notorietĂ . I suoi stessi protagonisti,
disseminati un poâ ovunque a livello internazionale, non sono stati valorizzati
dalla critica quanto avrebbero meritato.
Tra
questi,
Gianni Colombo (Milano,
1937-1993), al quale il Castello di Rivoli dedica la piĂš grande retrospettiva mai
realizzata, a
cura di Carolyn Christov-Bakargiev
e Marco Scotini. Una mostra che ha lâindubbio merito di valorizzare la vasta
produzione e soprattutto lâoriginalitĂ degli interessi scientifici di uno dei
membri fondatori del Gruppo T, realtĂ con cui sâidentifica non a lungo, data la
sua complessa personalitĂ .
I
primi movimenti che Colombo affronta sono quelli legati alla superficie: quadri
di diverse dimensioni sui quali emergono protuberanze e depressioni, che
possono esser modificate manualmente, azionando i tiranti predisposti ai bordi
dellâopera. A questa tipologia si accostano, sempre realizzati negli anni â60,
vari modelli di
Strutturazioni pulsanti,
costituite da un campo monocromo suddiviso in una griglia dâelementi identici,
che impulsi elettromeccanici in sequenza imprevedibile modificano, creando
sempre nuove forme in un bassorilievo di geometrie mutanti.
Quelli
che Colombo progetta sono dispositivi che incuriosiscono perchĂŠ custodi di un
meccanismo da scoprire, un gioco di sequenze da risolvere. Come funziona?
Ă questa
la prima domanda che sorge quando ci si avvicina a uno di questi oggetti, che
operano autonomamente e al tempo stesso agiscono sulla psiche di chi osserva,
alterandone la percezione. Lâenergia del movimento si somma poi a quella della
luce nelle
Strutturazioni acentriche, realizzate
in corpi alveolari rotanti, producendo bagliori cromatici intermittenti e
sfalsati.
Di
grande suggestione gli ambienti creati da figure geometriche proiettate nel
buio, che variano dimensione e prospettiva. Colombo, infatti, presto comincia a
sperimentare la luce nello spazio, per modificarne le caratteristiche e
verificare le reazioni dellâuomo che lo attraversa. Iniziano cosĂŹ gli studi
relativi allo
Spazio Elastico, una
gabbia realizzata con fili animati da motori e dallâazione della luce di Wood;
un reticolo di cubi delineati da semplici elastici, in cui lo spettatore può
camminare e toccare e modificare le traiettorie proposte dallâartista.
Impossibile
resistere alla tentazione di sperimentare lâanomala scala allestita nella âmanica
lungaâ: si tratta del progetto
Bariestesia, termine che indica la zona vestibolare che controlla il nostro
equilibrio, e che si concretizza in un percorso con alterazioni programmate dei
gradini, inclinati con pendenze inaspettate e diverse altezze, per sollecitare
ogni sicurezza conferita da un ordine predefinito.
Ă
possibile anche entrare in una sorta di tunnel a deformazione topologica
progressiva, in cui lâinclinazione del pavimento varia in direzione opposte,
provocando una forte sensazione dâinstabilitĂ e disorientamento.
E ancora ci si sofferma ad
osservare sottilissimi parallelepipedi appesi nel vuoto, alterati da movimenti
impercettibili, che ne variano poeticamente la geometria. Figure che sâintersecano
e che mutano la propria posizione, disegnando sempre nuove prospettive.