Oltre 160 opere, per lo più di piccolo formato, che richiedono un’osservazione attenta, focalizzata sui dettagli. Un allestimento ineccepibile, con una scelta molto attenta da un punto di vista storico e scientifico. La mostra
Collage/Collages dal Cubismo al New Dada offre la possibilità di addentrarsi in un ambito artistico di estrema attualità.
La tecnica del collage, che ha costituito sin dal Cubismo un approccio sperimentale all’arte, si è sviluppata nel tempo attraverso una pluralità di tracciati e, conseguentemente, di significati. Il che ha comportato la difficoltà di un’adeguata sistemazione nel contesto dell’arte contemporanea, che Lamberti identifica nella complessità del rapporto che si sviluppa tra
“elementi eterogenei nel corpo della grafica e della pittura con soluzioni linguistiche di segno diverso”. La rassegna propone un percorso molto articolato, dagli anni ‘10 ai primi anni ‘60, evidenziando l’evoluzione di questa pratica artistica da un punto di vista cronologico, ma proponendo altresì un convincente confronto tra diverse tipologie di artisti.
Cosicché il collage rivela tutta la sua complessità: elemento ludico ma anche strutturante, fino a diventare -nel secondo dopoguerra- omologo dei problemi della pittura, con strappi, materia e superfici che ne diventano espressione evidente.
Il percorso procede quindi dalle origini cubiste al Futurismo -che gli si contrappone, mettendo in primo piano l’energia e il movimento- al Surrealismo che evidenzia la dimensione onirica, al Dada che esprime, con la provocazione e l’aggressività, le tensioni storico-sociali. Le proposte danno spazio anche a figure meno note ma ben contestualizzate. Lo spettatore, che si confronta all’inizio del percorso con i
papier collé di
Picasso e
Braque, subito dopo incontra il collage futurista, che ne capovolge gli assunti ponendo in primo piano la
dynamis. Particolarmente interessanti risultano i lavori incentrati su temi di attualità storico-politica. Si vedano
Guerra navale nell’Adriatico (1914) di
Carlo Carrà, le cui scritte sottolineano il tono patriottico, o il provocatorio
Grammofono (1915) di
Adolf Wolfli, dove stralci di giornali d’epoca sono inseriti in una composizione pittorica che costituisce una cornice ideale al testo; o, ancora, il
Gallo (1919) di
Hannah Hoch, la cui figura è ricoperta di brani di giornale.
Filippo Tommaso Martinetti, in
Vitesse élégante (1916), pone l’accento sull’energia, utilizzando icone-simbolo come la macchina, l’aereo, il cavallo; e
Il marinaio Fritz Muller da Pieschen (1919) di
Otto Dix suggerisce allo spettatore una decodificazione ironica e disincantata della realtà.
Suggestioni tra figurazione e astrazione scaturiscono dai lavori di
Kurt Schwitters, che evidenziano un gusto deciso per la grafica editoriale.
Max Ernst si muove tra
Sogni e allucinazioni (1926),
Carol Rama introduce al suo teatro onirico,
Prévert annulla la distanza temporale, provocatoriamente, nell’
Incontro di Picasso e Napoleone Bonaparte a Versailles ai giorni nostri (1955 ca.). Una chicca sono i collage di
Matisse, realizzati nell’ultimo periodo della sua vita, durante le notti insonni nelle quali la malattia lo induceva a ritagliare e stratificare, dando vita a un mondo variegato, i cui protagonisti sono il jazz, i clown, il circo.
Del secondo dopoguerra sono proposti i due versanti, americano ed europeo, dai quali, come sostiene Maria Grazia Messina, nasce
“una nuova generazione di artisti, accreditata dalla mostra The news Realists
aperta nello scorcio del 1962 alla Janis Gallery, che pone in evidenza un realismo attraverso il quale l’opera diventa un conglomerato di fatti, del tutto confusa alla realtà del mondo”. Lo spettatore è condotto in un percorso nel quale incontra gli “strappi” di
Vostell,
Rotella,
Arp,
Jorn,
Appel,
Tàpies,
Pirandello,
Vedova,
Saura,
Hains,
Scheggi; le “materie” di
Burri,
Albers,
Scialoja,
Marca-Relli,
Dubuffet,
Baj,
Rauschenberg,
Paolini; le “superfici” di
Motherwell,
Turcato,
Capogrossi,
Kline,
Novelli,
Afro,
Tancredi,
Guttuso,
Corsi,
Ron Kitaj,
Manzoni.