Il tempo come forma del senso interno, come flusso ininterrotto della coscienza, come realtĂ piena e continua, contrapposta a una dimensione omogenea e vuota. Sono, quelle accennate, tre teorie fondamentali della temporalitĂ , formulate da Kant, Bergson e Benjamin.
L’arte contemporanea ha posto in primo piano le concezioni del tempo attraverso il cinema e il video da un lato, e la fotografia su un altro piano. La macchina da presa rende possibile il fluire della narrazione, il racconto che diviene nel presente; l’obiettivo fotografico fissa, invece, l’immagine suggellando il passato e, conseguentemente, ponendo in primo piano la memoria con tutte le sue implicazioni. Fantasia e pragmatismo, trasformazione e conclusione.
Cosa succede se si pongono a confronto questi mondi differenti? Esistono possibilitĂ di tangenza o i percorsi risultano irrimediabilmente antitetici? Sono, questi, i problemi proposti allo spettatore dalla mostra
Cronostasi, suddivisa in due momenti, il primo dei quali spazia dagli anni ’60 alla metà degli anni ’80. In questa prima sezione della mostra sono presentate opere di
John Baldessari, Guy Debord, Hollis Frampton, Gilbert & George,
Chris Marker,
Luigi Ontani, Giulio Paolini,
Michael Snow e
Bill Viola. La durata varia da un minuto a oltre mezz’ora, con una multiformità di tecniche di elaborazione che palesano un ampio ventaglio di linguaggi espressivi.
The nature of our looking (1970) di
Gilbert & George, ad esempio, evidenzia l’idea di fissità , mostrando i due artisti seduti sotto un albero secolare, di fronte alla telecamera, immobili, di profilo, con un sottofondo musicale che ricorda quello dei primi film comici. La staticità è interrotta dal gesto di portare una sigaretta alle labbra, per poi far ritorno alla posizione di partenza.
Unisono (1974) di
Giulio Paolini individua le relazioni tra spazio e tempo, concentrando nell’attimo novantadue opere, realizzate dall’artista fra il 1960 e il 1974, che “
dimenticano la loro immagine di origine per identificare la dimensione del quadro”, in una tensione continua tra ricordo e attesa.
Critique de la séparation (1961) di
Guy Debord si propone di demistificare i meccanismi attraverso i quali il linguaggio filmico costruisce l’oggettività , creando conseguentemente una frattura tra reale e illusorio.
Hollis Frampton, in
Nostalgia (1971), esamina lo scarto tra il tempo contenuto nelle immagini e quello del racconto fuori campo: la nostalgia del titolo deriva dal senso della perdita e dalla “cancellazione”.
E così via, tra proposte che stimolano lo spettatore non solo a confrontarsi con le opere, ma anche a mettere alla prova e a verificare la sua personale idea di tempo.