Occhi enormi, stralunati, che fissano in modo innaturale;
teste che si muovono come automi, corpi simili a manichini, voci penetranti,
stridenti.
Il mondo di
Tony Oursler (New York, 1957) è caratterizzato
dalla dissociazione e da una profonda angoscia esistenziale. L’individuo appare
estraniato in una realtà che sembra non offrire vie d’uscita, in quanto la
consapevolezza di sé si disperde nella frantumazione dell’identità. È come se i
frammenti dell’esistenza fossero dispersi in un universo popolato da
costellazioni mutevoli, ambigue.
La videoscultura è l’espressione privilegiata di Oursler,
che negli anni ’80 inizia a utilizzare un videoproiettore a cristalli liquidi:
questo medium gli consente di raggiungere risultati di altissima qualità
tecnica.
Il progetto della mostra è costituito da tre videoinstallazioni
e da una serie di acrilici su carta: l’insieme costituisce una scenografia
inquietante, esasperata da un sottofondo di voci che sussurrano e inquietano.
Il titolo del progetto,
Gaze Heuristic (with Drool), allude allo sguardo dell’individuo,
teso a cogliere nuovi indizi, in modo scientifico, insinuandosi nelle profondità
del reale per sviscerarne i segreti.

Protagonista della videoinstallazione
Magic Bullet
Payback Formulae è
un volto-proiettile, scagliato nel vuoto ad altissima velocità: quel che l’occhio
percepisce è la proiezione vorticosa, una sorta di atomo impazzito, deflagrato,
in un universo che ha perduto senso, dove ogni cosa è condannata all’apparenza
o all’artificio e a una vertigine destinata a esaurirsi nella cortocircuitazione.
L’efficacia del lavoro risiede nella sua capacità di evocare l’irrealtà dello
stato delle cose.
Flood or Fear with Sunshine è un’installazione
complessa. Una “casa
di bambola” in sezione, con stanze e scala; al suo interno, due personaggi
recitano un ruolo straniato, si muovono, agiscono, vivono gesti quotidiani, in
un costante rapporto non solo tra di loro, ma anche con la realtà esterna, che,
di quando in quando, si manifesta allo spettatore attraverso particolari.

Untitled LCD è un pannello nero, sagomato in modo sinuoso, all’interno
del quale gli occhi dell’artista – ora spalancati, ora semichiusi – esplorano
attoniti una realtà oscura e impenetrabile.
La cornice della mostra è costituita dai lavori su carta,
nei quali si alternano figure, forme, frammenti di linguaggio, sempre con
effetto spiazzante. Si vedano, ad esempio,
Synodic (2003), un volto, con immensi
occhi neri, impresso su una pagina di giornale; o
Untitled (2002), dove un asciugacapelli
pare affrancarsi dal contatto della mano, librandosi nell’aria come un
palloncino.