Particolarmente interessante
l’installazione sonora progettata per la corte poligonale del parco da Arnaud Hollard e Juliana Mori: un’opera
invisibile, che propone un continuo intersecarsi di suoni registrati nel
presente sul territorio intorno al Pav o provenienti dal passato, reperiti da
memorabili film per rappresentare la storia operaia del luogo, intessuti dai
rumori documentati presso le officine di riparazione di Trenitalia di un
deposito della zona, regalano un’emozionante viaggio alla riscoperta delle voci
di chi ha calpestato quelle strade, mutate nel tempo insieme al tessuto
urbanistico della città. Posti al centro della corte, sorgono sensazioni legate
all’immaginario personale e ci si immerge nel tentativo di ricomporre forme non
disponibili e per questo ancora più affascinanti.
Di Dacia Manto si
sottolinea il buon risultato ottenuto nel video Planiziaria, che si concentra sul paesaggio
lungo il delta del Po, mentre deludono le opere esposte nel vasto locale
d’ingresso. Si osserva abbastanza sconcertati Urania, l’improbabile giardino di
Maria Sybilla Merian: ciò che il curatore definisce una sorta di
telaio rampicante si riduce a un affastellamento scomposto di carte ritagliate
sul pavimento. L’artista ricalca le figure di un testo del Settecento nel quale
la naturalista Merian ha catalogato gli insetti del Suriname e li mescola con
altre specie, pensando di suggerire un nuovo fragile ecosistema. In realtà riduce
l’ordine nel nulla, e il nulla emerge da questo lavoro. La stessa sensazione di
fastidiosa precarietà trasmette l’opera Anarchitecture, dove aculei di
istrice vengono disposti a formulare cenni di costruzione come in un qualche
gioco senza contesto e senza un valido ancoraggio concettuale.
Sempre nella luminosa serra,
invece, Alessandro Quaranta appare più incisivo e poetico. Alcune foto
testimoniano un suo intervento in un cantiere urbano, dove una montagna di
sedimenti viene trasformata in una vetta innevata, mentre in un video a
telecamera fissa si assiste ai mutamenti di un’area occupata da un campo rom
che lentamente scompare al mutare delle stagioni.
Nella project room del museo, Nicola Toffolini installa una
serie di grandi pannelli dal sibillino titolo Perché essere arresi non
significa essere vinti. Si tratta di armoniosi e meticolosi disegni a
china, che inquadrano nel vuoto di uno spazio bianco rigogliose zolle di terra
volanti con elementi vegetali sormontate da banderuole, le quali segnano il
vento che soffia in direzioni opposte e molteplici. Nel complesso, un’opera che
obbliga l’osservatore a porsi alcuni interrogativi e che trasmette un desiderio
di riflessione distante dai precedenti lavori dell’artista e che ne avvalora la
ricerca.
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barbara reale
mostra visitata il 17 novembre
2010
dal 29 ottobre al 31
dicembre 2010
Private Garden
a cura di Claudio Cravero
PAV – Parco d’Arte Vivente
Via Giordano Bruno, 31 (zona Filadelfia) – 10134 Torino
Orario: da mercoledì a venerdì ore 15-18; sabato e domenica ore 12-19
Ingresso: intero € 3; ridotto € 2
Info: tel. +39 0113182235; info@parcoartevivente.it;
www.parcoartevivente.it
[exibart]
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