Straniamento e mal di vivere sono una costante nella vita dell’uomo contemporaneo, prigioniero della “cura” delle cose, della banalità e dell’incongruenza della comunicazione. È diventato molto forte il conflitto tra essenza ed esistenza, reale e possibile: l’individuo si dibatte nel vuoto, preda di ossessioni e della frammentazione dell’io.
La ricerca di
Daniela Monaci (Torino, 1944) si muove in questo contesto, tra dubbi e ambiguità. All’inizio il suo lavoro era pittorico, successivamente è diventato primario l’utilizzo delle tecnologie, supporto ideale per un percorso all’interno delle marginalità e delle trasversalità esistenziali. La fotografia e il video diventano, allora, i media espressivi privilegiati, le consentono di attingere a piene mani nel caos del vissuto: il mezzo, tecnologicamente freddo, si carica di esperienza vissuta, di interiorità, mai a corto di argomenti.
Monaci annota, seleziona, fissa “frammenti”; poi rielabora i soggetti e li rivisita alla luce di una lenta e minuziosa modificazione, attraverso molteplici interventi, così da costruire topografie esistenziali, che pongono in primo piano l’instabilità degli eventi, la precarietà, l’illusione. Il titolo della mostra,
Ci sono cose tra cielo e terra, allude al mistero che avvolge la vita, a uno stato di sospensione nel quale si condensano eventi imprevedibili, eppure inevitabili.
Il percorso si snoda tra fotografie e video. Le immagini sono caratterizzate da tagli prospettici talora inusuali, volti a fermare figure e situazioni in una condizione quasi irreale. In mostra sono proposti diversi cicli di lavori, il cui comun denominatore è la capacità di intuire, dal profondo dell’anima, momenti all’apparenza imperscrutabili.
Natività, ad esempio, getta uno sguardo inquieto, attraverso la dicotomia dei colori rosso e nero, sul procedere oltre la soglia della vita;
Metamorfosi nasce dall’osservazione dei movimenti leggeri e sinuosi dei cigni, che alludono a un’incessante trasformazione;
Vertigine sottolinea l’ebbrezza di una natura il cui slancio primigenio tende all’infinito;
Tra me e me, tra te e me indugia sull’idea dell’ombra, dell’assenza, preludio alla speranza di una presenza tangibile, che si esprime nell’attesa.
I video hanno forti implicazioni fenomenologiche.
Anne Marie, realizzato per la mostra, presenta momenti di vita qualunque, tra gioia e dolore, inquietudine e tensione, esaltati dall’espediente tecnico di un montaggio fotografico proposto in contemporanea su tre schermi.
La cena degli avanzi (2005), ambientato al mercato di Porta Portese, sottolinea il contrasto tra consumismo e penuria, opulenza e miseria;
Le strade del cielo è una lunga passeggiata sui pavimenti delle chiese di Roma. Un’esperienza coinvolgente, a ritroso nei secoli, dentro la storia dell’uomo e la memoria.