Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
16
febbraio 2009
fino all’1.III.2009 Gabriele Basilico / Speranze e dubbi Torino, Fondazione Merz
torino
Otto artisti libanesi affiancati a otto italiani. Per conoscere le rispettive realtà. Il risultato è una mostra in cui la guerra non è protagonista, in cui diversi temi s’intrecciano. Ma tutto torna a Beirut. Che cerca di guardare oltre la distruzione...
Ci si abitua a tutto: questo potrebbe essere un teorema da dimostrare, senza grossa difficoltà. Infiniti i corollari, dove la guerra sembra una condizione necessaria, e dove la pace è un periodo di vacanza, dove tutti parlano senza far sentire che forse sarebbe necessario tacere e magari cedere, arrendersi per provare a convivere. Dove la ricostruzione è un affare o un investimento, e la distruzione una necessità.
Esistono luoghi dove le culture si frammentano e si incancreniscono. Dove il dialogo non parte mai dall’unica base logica, quella della compassione; dove si bombarda a fasi alterne, dove i ragazzi crescono e non possono sognare la stabilità. Eppure ci si abitua e si sopravvive, tanto da riuscire a progettare e a produrre arte.
Cercando il distacco e l’ironia, come scrive il curatore Costantino D’Orazio, felice di essere riuscito nel suo intento e di aver organizzato due mostre, una a Beirut e una alla Fondazione Merz, e di aver dato così l’occasione di una reale visibilità a un gruppo di artisti libanesi, che si sono confrontati su temi e tecniche con altrettanti artisti italiani. Una mostra interessante. Protagonista Beirut, e i suoi mille progetti di ricostruzione.
Capitale che conosciamo attraverso le immagini del 1991 di Gabriele Basilico (Milano, 1944), presenti in una mostra parallela, sempre alla Fondazione Merz. In esse parla il silenzio, non le ferite causate da quindici anni di guerra civile. Laddove l’orizzonte pare sollevato, superiore al male, il punto di vista dell’osservatore è centrale, fisso, a cogliere la maestosità di quello che l’uomo può costruire. E non proteggere.
Prima delle opere di Basilico, allestite al piano inferiore, s’incontrano una cascata di delicatissimi intagli di Elisabetta Di Maggio, carta bianca fluttuante che ricorda l’incrociarsi di vie e isolati. Che in modo scientifico sono invece riportate su gomma pesantissima e nera nell’analisi della pianta della città effettuata da Marwan Rechmaoui.
Alle finestre un’altra cascata: sono i soldati rosa shocking di Zena el Khalil, che si intersecano a evidenziare un diverso paradigma dell’infanzia. Luisa Rabbia propone una scultura in ceramica frammentata in cui la potenza della natura invade una casa in disuso, denunciando lo scorrere ineluttabile del tempo.
Gli approcci continuano a essere diversi: Rima Saab ricerca i segni della guerra civile sui muri di Beirut, Pascal Hachem invece fa vibrare il muro della Fondazione, attraverso una installazione in cui diversi martelli, a turno e lentamente, colpiscono la parete con un tonfo assordante.
Una saletta racchiude le opere di Marzia Migliora: un progetto con 33 disegni di un bosco minuto, delizioso e inquietante allo stesso tempo. Dolore e paura fra i sentimenti incastonati in un ciclo naturale.
Particolarmente significativi i lavori di Randa Mirza con la serie fotografica Parallel Universes, in cui si sovrappongono in un surreale fotomontaggio situazioni di guerra e di pace, personaggi che convivono con studiata indifferenza. E, ancora, l’assurdo nel video di Michael Fliri, in cui l’artista cammina sulla neve su trampoli precari, un difficile equilibrio nel contesto ambientale.
Le parole di Basilico siano un segnale, fra gli altri, di speranza: “La mia impressione era che tutto si svolgesse come se le persone avessero abbandonato gli spazi per tornarci in un futuro prossimo. Mi sembrava che alcuni se ne fossero andati e che altri stessero per arrivare. Tutto sommato la situazione poteva sembrare quasi normale: la città era solamente caduta in un lungo periodo di attesa”.
Esistono luoghi dove le culture si frammentano e si incancreniscono. Dove il dialogo non parte mai dall’unica base logica, quella della compassione; dove si bombarda a fasi alterne, dove i ragazzi crescono e non possono sognare la stabilità. Eppure ci si abitua e si sopravvive, tanto da riuscire a progettare e a produrre arte.
Cercando il distacco e l’ironia, come scrive il curatore Costantino D’Orazio, felice di essere riuscito nel suo intento e di aver organizzato due mostre, una a Beirut e una alla Fondazione Merz, e di aver dato così l’occasione di una reale visibilità a un gruppo di artisti libanesi, che si sono confrontati su temi e tecniche con altrettanti artisti italiani. Una mostra interessante. Protagonista Beirut, e i suoi mille progetti di ricostruzione.
Capitale che conosciamo attraverso le immagini del 1991 di Gabriele Basilico (Milano, 1944), presenti in una mostra parallela, sempre alla Fondazione Merz. In esse parla il silenzio, non le ferite causate da quindici anni di guerra civile. Laddove l’orizzonte pare sollevato, superiore al male, il punto di vista dell’osservatore è centrale, fisso, a cogliere la maestosità di quello che l’uomo può costruire. E non proteggere.
Prima delle opere di Basilico, allestite al piano inferiore, s’incontrano una cascata di delicatissimi intagli di Elisabetta Di Maggio, carta bianca fluttuante che ricorda l’incrociarsi di vie e isolati. Che in modo scientifico sono invece riportate su gomma pesantissima e nera nell’analisi della pianta della città effettuata da Marwan Rechmaoui.
Alle finestre un’altra cascata: sono i soldati rosa shocking di Zena el Khalil, che si intersecano a evidenziare un diverso paradigma dell’infanzia. Luisa Rabbia propone una scultura in ceramica frammentata in cui la potenza della natura invade una casa in disuso, denunciando lo scorrere ineluttabile del tempo.
Gli approcci continuano a essere diversi: Rima Saab ricerca i segni della guerra civile sui muri di Beirut, Pascal Hachem invece fa vibrare il muro della Fondazione, attraverso una installazione in cui diversi martelli, a turno e lentamente, colpiscono la parete con un tonfo assordante.
Una saletta racchiude le opere di Marzia Migliora: un progetto con 33 disegni di un bosco minuto, delizioso e inquietante allo stesso tempo. Dolore e paura fra i sentimenti incastonati in un ciclo naturale.
Particolarmente significativi i lavori di Randa Mirza con la serie fotografica Parallel Universes, in cui si sovrappongono in un surreale fotomontaggio situazioni di guerra e di pace, personaggi che convivono con studiata indifferenza. E, ancora, l’assurdo nel video di Michael Fliri, in cui l’artista cammina sulla neve su trampoli precari, un difficile equilibrio nel contesto ambientale.
Le parole di Basilico siano un segnale, fra gli altri, di speranza: “La mia impressione era che tutto si svolgesse come se le persone avessero abbandonato gli spazi per tornarci in un futuro prossimo. Mi sembrava che alcuni se ne fossero andati e che altri stessero per arrivare. Tutto sommato la situazione poteva sembrare quasi normale: la città era solamente caduta in un lungo periodo di attesa”.
articoli correlati
Basilico e Garutti da Guenzani
La tappa libanese della mostra di D’Orazio
barbara reale
mostra visitata il 22 gennaio 2009
dal 21 gennaio al primo marzo 2009
Speranze & Dubbi. Arte giovane tra Italia e Libano
a cura di Costantino D’Orazio
Gabriele Basilico – Beirut 1991
Fondazione Merz
Via Limone, 24 (Borgo San Paolo) – 10141 Torino
Orario: da martedì a domenica ore 11-19
Ingresso: intero € 5; ridotto € 3,50; gratuito ogni prima domenica del mese
Info: tel. +39 01119719437; fax +39 01119719805; info@fondazionemerz.org; www.fondazionemerz.org
[exibart]