La mostra Diverse forme bellissime può essere letta a più livelli, e
interessanti sono gli spunti di riflessione, nonostante la difficile
comprensione di alcuni passaggi teorici.
Nella prima opera presentata da Francesco Monico (Venezia, 1968; vive a Milano)
un’orchidea con lunghe radici è stata ingabbiata e collegata a un galvanometro;
alcuni sensori trasmettono gli impulsi elettrici che attraversano la pianta a
un sofisticato programma informatico. Il grafico che si ottiene delle variazioni
sonore può essere interpretato attraverso un codice prestabilito; è però difficilmente
condivisibile l’assunto che questi suoni possano esser tradotti “in una
sorta di espressione linguistica”.
Aumentare lo spettro di percezione del mondo vegetale
andrebbe, nelle intenzioni dell’artista, ad aumentarne la dignità, in modo da
superare ogni concezione legata all’antropocentrismo e da condizionare di
conseguenza l’etica relativa al mondo naturale. A questo proposito è bene
ricordare che, in assenza di strumenti etici per la difesa della natura, Max
Weber all’inizio del secolo scorso teorizzò una morale della responsabilità,
secondo la quale “non
dobbiamo guardare le intenzioni con cui gli uomini compiono un’azione, bensì
gli effetti delle azioni stesse, finché gli effetti sono prevedibili”.
Possiamo affermare con una discreta certezza che gli
effetti della tecno-scienza non sono prevedibili, perché ogni ricercatore
procede settorialmente pensando al potenziamento del proprio progetto, e questo
è comunque legato al settore economico che ne finanzia la ricerca. A questo
punto la dichiarazione dell’artista, ossia che attraverso la tecnologia sarà
possibile riequilibrare il rapporto dell’uomo con la natura, diventa quasi
un’utopia.
La tecnologia ha modificato la comunicazione e il modo di
pensare dell’individuo, cambiando la percezione spazio-temporale della realtà.
Sono almeno cinquant’anni che l’uomo si è accorto delle conseguenze nefaste del
progresso scientifico e, nonostante i grandi sforzi legati alla sostenibilità
ambientale, non si è risolto il problema di base, e cioè modificare il processo
di mutazione insito nell’uomo, che lo ha reso totalmente tecnodipendente.
La seconda opera di Monico, Is there love in the
technoetic Narcissus?,
consiste nella
ripresa e nella diffusione in rete della crescita di alcuni bulbi di piantine
di Narcisi. Sotto l’immagine scorrono citazioni di filosofi legate al
narcisismo, e diventa veramente difficile riuscire a giustificare i passaggi
che dovrebbero legare la ripresa in diretta della crescita delle piantine al
fenomeno di “narcisismo culturale” teorizzato dall’artista.
In questo scenario, rilassante e poetica appare invece
l’installazione di Piero Gilardi (Torino, 1942): come sempre nelle opere di questo artista,
l’interazione fra uomo e opera innesca una visione legata al mondo dei sensi.
Avvicinarsi a un Hibiscus significa far scattare la sovrapposizione della sua
immagine a quella di un video accelerato dei suoi movimenti nelle ultime 48
ore. Nell’osservare il cinetismo della pianta ci si accorge di come la nostra
percezione possa essere riduttiva e marginale se messa a confronto con un
paradigma diverso.
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precedente mostra al Pav
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mostra visitata il 4 marzo 2010
dal 4 febbraio all’undici aprile 2010
Piero
Gilardi / Francesco Monico – Diverse forme bellissime
a cura di Claudio Cravero
PAV – Parco d’Arte Vivente
Via Giordano Bruno, 31 (zona Filadelfia) – 10134 Torino
Orario: da mercoledì a venerdì ore 15-18; sabato e domenica ore 12-19
Ingresso: intero € 3; ridotto € 2
Info: tel. +39 0113182235; info@parcoartevivente.it;
www.parcoartevivente.it
[exibart]
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ma vi sembra normale che al PAV venga fatta la mostra di PIero Gilardi? ora ci si autocelebra in questo modo? in più con i soldi dei contribuenti. ma queste perosne non si vergognano? siamo disgustati.