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13
marzo 2008
fino all’11.V.2008 La Reggia di Venaria e i Savoia Venaria Reale (to), Reggia
torino
Un viaggio attraverso tre secoli di storia della dinastia. Sullo sfondo della più maestosa delle residenze dei Savoia, rinata dopo un restauro decennale. Quando i rigori militareschi si coniugano con gli sfarzi della vita di corte...
Non poteva essere scelto un tema più adatto per inaugurare la reggia di Venaria Reale, ritornata a nuova vita dopo oltre due secoli di usi impropri e abbandono, di una mostra dedicata ai Savoia, in particolare al periodo storico che vide l’ascesa e lo splendore della dinastia, tra la metà del Cinquecento e l’epoca napoleonica. Di buona parte di queste vicende la reggia è infatti prodotto e testimonianza, essendo stata costruita (e mai terminata) dai più importanti architetti attivi per la corte tra la metà del XVII e la fine del XVIII secolo.
L’esposizione è al contempo una vasta ricognizione sulla cultura dello stato sabaudo dal Manierismo al Neoclassicismo, che si pone come ideale prosecuzione dell’indagine sul Quattrocento effettuata dalla mostra Corti e città nel 2006. Le atmosfere della corte barocca sono evocate, oltre che dalla presentazione di oggetti preziosi che di quel mondo furono espressione, anche dalle suggestive installazioni del regista Peter Greenaway e dagli abiti di carta dell’artista belga Isabelle de Borchgrave, ispirati a ritratti settecenteschi.
La mostra esamina sia il contesto storico, con il susseguirsi dei regnanti, delle politiche matrimoniali e delle imprese militari di respiro europeo, sia le testimonianze artistiche, rivelatrici dell’aggiornamento culturale dei Savoia, attenti soprattutto a ciò che accadeva a Parigi e Roma. Particolare rilievo è riservato ovviamente alla ritrattistica, a cominciare dalle effigi di Emanuele Filiberto (che nel 1563 spostò la capitale da Chambéry a Torino) e di Carlo Emanuele I, opere del ferrarese Giacomo Vighi detto l’Argenta, di Giovanni Caracca e della squisita miniatrice ascolana Giovanna Garzoni. Su tutti svettano i dipinti dei fiamminghi Frans Pourbus il Giovane e Anton van Dyck.
Fra i ritratti di gruppo spicca invece la magnifica tela del lorenese Charles Dauphin, proveniente dal Prado, raffigurante la famiglia di Carlo Emanuele II. Di Dauphin sono da ricordare anche alcuni ritratti equestri, compresi quelli ritornati coi recenti restauri ad arredare la splendida Sala di Diana, alla cui decorazione lavorarono i principali artisti attivi a corte attorno al 1660, in particolare il fiammingo Jan Miel, autore anche degli affreschi della volta e delle tele con le scene di caccia del registro inferiore, che conservano tracce della sua formazione bambocciante. Tale ambiente e la spettacolare Galleria grande di Filippo Juvarra giustificano da soli l’ambiziosa definizione di “Versailles italiana” di cui si suole fregiare il complesso di Venaria, a cui i restauri degli ultimi anni hanno restituito anche i maestosi giardini alla francese.
Fra le sezioni di maggior fascino della mostra sono da segnalare la sala dedicata agli ordini cavallereschi (specie per le tele coi Martiri tebei dell’inizio del Seicento) e quelle riservate al collezionismo, in cui risaltano i dipinti di Pietro da Cortona, di Mattia Preti, la serie di Muse del caravaggesco Antiveduto Gramatica e gli arazzi di manifattura parigina dell’inizio del Seicento con Storie di Diana, divisi ora tra Oxford e Torino.
Le arti cosiddette minori erano in effetti un altro punto di forza della committenza sabauda, a partire dalla strepitose armature da parata del Cinquecento fino ai mobili intagliati e intarsiati di Pietro Piffetti.
L’esposizione è al contempo una vasta ricognizione sulla cultura dello stato sabaudo dal Manierismo al Neoclassicismo, che si pone come ideale prosecuzione dell’indagine sul Quattrocento effettuata dalla mostra Corti e città nel 2006. Le atmosfere della corte barocca sono evocate, oltre che dalla presentazione di oggetti preziosi che di quel mondo furono espressione, anche dalle suggestive installazioni del regista Peter Greenaway e dagli abiti di carta dell’artista belga Isabelle de Borchgrave, ispirati a ritratti settecenteschi.
La mostra esamina sia il contesto storico, con il susseguirsi dei regnanti, delle politiche matrimoniali e delle imprese militari di respiro europeo, sia le testimonianze artistiche, rivelatrici dell’aggiornamento culturale dei Savoia, attenti soprattutto a ciò che accadeva a Parigi e Roma. Particolare rilievo è riservato ovviamente alla ritrattistica, a cominciare dalle effigi di Emanuele Filiberto (che nel 1563 spostò la capitale da Chambéry a Torino) e di Carlo Emanuele I, opere del ferrarese Giacomo Vighi detto l’Argenta, di Giovanni Caracca e della squisita miniatrice ascolana Giovanna Garzoni. Su tutti svettano i dipinti dei fiamminghi Frans Pourbus il Giovane e Anton van Dyck.
Fra i ritratti di gruppo spicca invece la magnifica tela del lorenese Charles Dauphin, proveniente dal Prado, raffigurante la famiglia di Carlo Emanuele II. Di Dauphin sono da ricordare anche alcuni ritratti equestri, compresi quelli ritornati coi recenti restauri ad arredare la splendida Sala di Diana, alla cui decorazione lavorarono i principali artisti attivi a corte attorno al 1660, in particolare il fiammingo Jan Miel, autore anche degli affreschi della volta e delle tele con le scene di caccia del registro inferiore, che conservano tracce della sua formazione bambocciante. Tale ambiente e la spettacolare Galleria grande di Filippo Juvarra giustificano da soli l’ambiziosa definizione di “Versailles italiana” di cui si suole fregiare il complesso di Venaria, a cui i restauri degli ultimi anni hanno restituito anche i maestosi giardini alla francese.
Fra le sezioni di maggior fascino della mostra sono da segnalare la sala dedicata agli ordini cavallereschi (specie per le tele coi Martiri tebei dell’inizio del Seicento) e quelle riservate al collezionismo, in cui risaltano i dipinti di Pietro da Cortona, di Mattia Preti, la serie di Muse del caravaggesco Antiveduto Gramatica e gli arazzi di manifattura parigina dell’inizio del Seicento con Storie di Diana, divisi ora tra Oxford e Torino.
Le arti cosiddette minori erano in effetti un altro punto di forza della committenza sabauda, a partire dalla strepitose armature da parata del Cinquecento fino ai mobili intagliati e intarsiati di Pietro Piffetti.
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a cura di Enrico Castelnuovo
Reggia di Venaria Reale
Piazza della Repubblica, 4 – 10078 Venaria Reale (TO)
Orario: da martedì a giovedì, sabato e domenica ore 9-20 (la biglietteria chiude alle 18.30); venerdì ore 9-17 (la biglietteria chiude alle 15.30)
Ingresso: intero € 10; ridotto € 7
Catalogo Allemandi, € 29,50
Info: tel. 800329329 / +800 11133300; posta@reggiavenariareale.it; www.reggiavenariareale.it
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