“
Molti
mi conoscono come fotografo di moda. Ma, quando vedono le fotografie di alberi,
il libro sulle sculture di Degas e le immagini digitali, si stupiscono”. È
Frank Horvat (Abazia,
1928; vive a Parigi) a parlare, evidenziando in questo modo l’ampiezza
del suo repertorio fotografico.
Reportage
e documenti d’epoca si alternano a libri realizzati assecondando esclusivamente
l’estro e le motivazioni personali, quali
Photo-diary (1999), il diario fotografico
dell’ultimo anno del millennio, o
La Véronique (2002-03), immagini della Provenza
scattate dall’interno della sua casa e dal paesaggio circostante.
Il suo
è uno sguardo “agganciatore”, che scava nel vissuto, indagando la realtà
direttamente e trasversalmente.
La formazione
di Horvat è avvenuta in contesti culturali differenti: Italia, Francia,
Svizzera, Usa, Gran Bretagna, Pakistan, India. Ne è derivata la sedimentazione
di una forte esperienza formativa: per lui i viaggi rappresentano una sorta di
pre-testo.
La memoria si condensa nell’intensità delle immagini, costruite in
modo rigoroso dal punto di vista formale, risultato di una percezione che non
abbandona mai l’aderenza alle cose, la fisicità dell’osservare.
La
mostra propone un’ampia selezione di lavori in bianco e nero, esteticamente
raffinati, che abbracciano gli anni ’50 e ’60, periodo dal dopoguerra al “boom”
economico, e che consegnano allo spettatore un testimone attento del secolo
scorso. L’allestimento, molto coinvolgente, è costruito su una sequenza d’immagini
che palesano come Horvat sappia spogliare il soggetto di qualsiasi
sovrastruttura, evidenziando nella fotografia la risultante di un processo
mentale che “
può avvenire in pochi minuti o, invece, richiedere anni”.
Le
fotografie si offrono a diversi piani di lettura. Il più immediato, percettivo,
consente di focalizzare situazioni e personaggi, siano essi noti o, invece, tratti
dalla vita quotidiana. A un’osservazione più approfondita si rivela un nitido
ritratto di ambienti, che pone in primo piano dettagli atti a ricostruire un
contesto storico-sociale.
Sfilano
dunque davanti agli occhi dello spettatore, fra le tante immagini, una coppia
di danzatori, un londinese con bombetta, giornale e ombrello, che corre per
strada, raffinati personaggi femminili dell’alta moda, una sequenza di cappelli
di Givenchy. Ma anche la folla che pare emergere dalle brume, alla Gare Saint-Lazare,
gente nella metropolitana, l’interno di un celebre locale parigino.
L’insieme
è costruito nel segno di quell’“
ordine” che per Horvat rappresenta il leitmotiv della
ricerca. Prescindendo dal quale non è possibile trasmettere alcun messaggio.