In quel di Savigliano, attraverso una settantina di opere tra sculture in bronzo, disegni, acquarelli ed incisioni, viene ripercorsa un’ampia parte della carriera di Giacomo Manzù (Bergamo, 1908 – Ardea, Roma, 1991), dal 1937 al 1982.
In realtà, quasi tutti i pezzi esposti provengono dalla Raccolta Manzù di Ardea, museo satellite della Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma in significative condizioni di trascuratezza, di questi tempi al centro di un’accesa polemica. Mentre numerose proposte scivolano nel dimenticatoio e molti ancora sperano in una sua futura gestione privata, il Comune di Bergamo avanza l’ipotesi di riportare a casa le opere del maestro al quale ha dato i natali, dando vita ad un nuovo spazio espositivo. Se così accadesse, però, si solleverebbe un’altra incresciosa questione: la salma dell’artista dalla provincia romana dovrebbe trasferirsi in territorio lombardo…
Curata da Livia Velani, la mostra è introdotta da Francesca Blanc (1941-1950), una tra le sculture più care a Manzù, in cui l’abbandono del corpo della donna, come confessa lo stesso autore, rivela “un bisogno di protezione, la ricerca inconscia del seno materno in cui rifugiarsi come una volta”.
Comprovanti la grande varietà di tecniche e linguaggi impiegati, i lavori successivi ricordano alcuni tra i soggetti più amati, dalla spensieratezza infantile (Bozzetto per Giulia e Mileto in carrozza, 1966 ca), ai celebri cardinali (Cardinale seduto, 1957 ca).
Rimando effettivo alla vecchia seggiola impagliata della casa della sua infanzia, la figura emblematica della sedia compare in opere quali Cristo con Maddalena (bassorilievo in bronzo, 1955-66), Giulia sulla seggiola (1966, bronzo), Tondo per Spoleto (1970, acquaforte e acquatinta su carta giapponese).
Per l’artista, i fanciulli e la natura possono divenire espressione di una medesima gaiezza: per questo, di frequente, vengono tratteggiati nell’ambito della stessa figurazione (Bambino con anatra, 1937 ca, carboncino; Bambino con anatra, 1942-46, bronzo).
Nell’iconografia di Manzù, la donna subisce certamente un’evoluzione: dapprima raffigurata in immagini che ne restituiscono la freschezza e la dolcezza giovanile, difatti, diviene poi protagonista delle scene fortemente erotiche e carnali degli ultimi anni, in cui l’autore si ispira quasi soltanto ad un’unica musa, sua moglie Inge Schabel.
Presenti in gran numero le varianti del motivo pittore con modella, prediletto anche da Picasso, che insieme alle serie degli Amanti e delle Donne Distese, esaltano dell’essere femminile la straordinaria potenza amorosa (Amanti IV, 1970 ca; Donna sdraiata, 1978).
Tra le sculture di maggior fascino, si ricordano Testa di donna (1937-41), riconducibile alla fase compositiva iniziale legata all’analisi del luminismo e del non finito naturalistico propri di Medardo Rosso, Busto di Inge del 1967, in cui l’amata è effigiata alla maniera degli antichi canòpi chiusini, e Busto della Giapponese (1968 ca), della quale risultano più che apprezzabili i panneggi frastagliati e irregolari.
Svariate incisioni documentano il profondo interesse che Manzù rivela, fin dal 1939, nell’affrontare il tema ostico della guerra. Sono tutte del 1954, ad esempio, queste litografie dal singolare potere evocativo: Morte del Partigiano. Variante IV; L’urlo, maschera di dolore che riporta alla nota Testa di Medusa del Caravaggio; Donne ad Auschwitz, uno dei rarissimi esemplari degli studi eseguiti per le illustrazioni de Il falso e il vero verde di Salvatore Quasimodo.
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sonia gallesio
mostra visitata il 14 dicembre 2003
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proprio oggi ho visitato la mostra nel chiostro di savigliano, molto curato e caldo l'allestimento, idea suggestiva l'aver abbinato alcune opere scultoree con i disegni come nel caso dei bozzetto per Giulia e Mileto... completo e ampio il catalogo che accompagna la mostra.