“Lo sai perché l’Italia ha la forma di uno stivale? Perché così tanta merda non entra in una scarpa” . Battutaccia letta su qualche muro? No. Queste parole sono il titolo di una dissacrante opera di Paola Pivi (Milano, 1971). Talvolta irriverente ed ironica, appunto, o ancora ludica, introspettiva, sensuale e sessuale, negli ultimi trent’anni l’arte del gentil sesso ha conosciuto uno sviluppo senza pari.
Evento introduttivo di un ampio programma di rassegne e convegni previsti per celebrare l’anno che la Fondazione Sandretto ha scelto di dedicare alla Donna, la collettiva ripercorre l’evoluzione della produzione artistica femminile a partire dagli anni Settanta, palesandone la complessità e la ricchezza di linguaggi.
“Tutto ciò che le artiste di oggi considerano evidente ed indiscutibile” –spiega Patrizia Sandretto Re Rebaudengo– “è il frutto di un percorso di conquista che prende il via dalle rivendicazioni dei diritti per raggiungere una posizione di parità”.
Lungi dal voler dar adito a qualsiasi tipo di recriminazione, però, e benché gli ambiti di ricerca spazino dal quotidiano al sociale, la mostra rivela un approccio soggettivo, un evidente interesse per le emozioni e una visione immaginifica comuni.
All’avanguardia fin dai suoi esordi nel campo della performance e della body art, Marina Abramovic (Belgrado, 1946) è presente con la videoinstallazione Stromboli (2002) e con una stampa fotografica relativa all’evento performativo Balkan Baroque (1997). In esso, che fu grande attrazione alla Biennale del ’99, la stessa artista intona una nenia balcanica lavando ossa di mucca che rilasciano un insopportabile fetore. “L’azione ripetuta di strappare la carne dalle ossa” come chiarisce Ilaria Bonacossa “è per l’artista un rituale di riflessione e rappresentazione delle atrocità della guerra”.
Fantasy (2002) della californiana Kara Walker (Stocktun, 1969) costituisce uno dei noti collages eseguiti con la tecnica ‘a silhouette’, composizioni nelle quali tragico e comico coesistono in perfetto equilibrio ed attraverso cui sono affrontati temi quali gli abusi di potere e il razzismo.
Realizzate in spazi decadenti ed inquietanti che riconducono ad una condizione di paura e di non accettazione della realtà, circa 13 fotografie in bianco e nero ricordano Francesca Woodman (Denver, 1958 – New York, 1981), morta suicida poco più che ventenne.
Relative a scatti prodotti a distanza di pochi millesimi di secondo, le stampe di Roni Horn (New York, 1955) testimoniano la sua recente sperimentazione in campo fotografico.
Accanto alle videoartiste e alle fotografe piu à la page del panorama attuale (Lambri, Hofer, Neshat, Toderi, Benassi e Bonvicini), un discreto numero di pittrici tra cui Kilimnik, Williams, Peyton.
Tra i lavori di maggior impatto visivo, Love me della bad girl dell’arte inglese Sarah Lucas (Londra, 1962) – che se da un lato rimanda ad una posizione di goduto abbandono, dall’altro allude allo stereotipo della donna remissiva ed accondiscendente –, i dipinti su carta di Marlene Dumas (Sud Africa, 1953) e la eccellente tela iperrealista di Margherita Manzelli (Ravenna, 1968).
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sonia gallesio
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ci mancava solo che facessero la mostra sulla loro bravura di collezionisti.
si incensano da soli.
beati loro