Il regno di
Mario Ybarra Jr. (Los Angeles, 1973) è un vecchio barbershop nel cuore di Chinatown. Uno di quei luoghi tradizionali, irresistibilmente retro, che fanno l’anima pittoresca di un quartiere. Esponente di punta della nuova generazione di artisti della West Coast, Ybarra ha impiantato qui il suo studio, in condivisione con la moglie
Karla Diaz, artista pure lei. Non si tratta di un semplice atelier, però: i due coniugi ne hanno fatto uno stravagante spazio underground, un po’ laboratorio collettivo, un po’ galleria d’arte, un po’ centro culturale. Una vera e propria piattaforma di ricerca dove consumare progetti culturali, incontri e confronti tra artisti, critici, intellettuali, nuovi talenti. Questo posto è diventato il quartier generale di Ybarra, un nucleo affettivo e relazionale trasformatosi nel perno tematico della sua ultima ricerca.
A ottobre 2007, dopo una serie di esperimenti performativi nelle vesti di eccentrico
haircutter, Mario Ybarra inaugura alla Tate Modern di Londra il progetto
Sweeney Tate. Si tratta di una ricostruzione del suo studio, con tanto di specchi, pavimento a scacchi, poltroncine da barbiere anni ’40, suppellettili varie e decorazioni a strisce bianche, rosse e blu (i classici colori dei barbershop americani). Un contest fra barbieri condiva il tutto, ironicamente.
La personale da Maze si lega a filo doppio con questa esperienza, ponendosi come una sorta di eco, di appendice evocativa. Durante il suo soggiorno torinese, Ybarra usa la galleria come atelier provvisorio. Realizza grandi tele e lavori su carta, destreggindosi tra pennelli e bombolette spray, mentre i pilastri della sala centrale li dipinge con scritte e decorazioni di gusto street.
Fedele al suo background adolescenziale da writer, l’artista ha progettato negli ultimi anni grandi murales per importanti esposizioni internazionali. Il solo show italiano segna in tal senso una svolta. Abbandonata l’idea dell’effimero e della transitorietà, implicita nel lavoro coi wall painting, decide di passare alla tela, rielaborando le tecniche sperimentate sui muri. Il risultato? Cinque monocromi, accostati in un’unica striscia rettangolare; le modulazioni vibratili del bianco e del grigio-argento creano un anomalo “effetto specchio”, rafforzato dalla presenza del divano vintage piazzato di fronte all’opera.
E se il sofà rimanda a una situazione di rilassata contemplazione conviviale, i Mirror sono metafore sottili di un processo di auto-osservazione: Ybarra, col suo autobiografismo genuino e divertito, cerca in qualche modo di fare il punto, continuando a riflettere su direzioni, motivazioni, urgenze creative.
Due tele dallo stile fortemente grafico ricalcano colori e prospettiva del barbershop di Chinatown: superfici astratte su cui proiettare la percezione spaziale -ideale e insieme emotiva- del proprio quotidiano.
Rimbomba nel vuoto delle stanze, senza sosta, la fragorosa risata dell’artista, installazione sonora che restituisce l’anima gioviale di Mario Ybarra, riscaldando l’atmosfera intima della galleria-studio. La storia di quest’avventura la racconta un video, registrazione veloce e allegra di sette frenetici giorni di lavoro, vissuti innanzitutto come significativa esperienza umana.
articoli correlatiYbarra alla Biennale del Whitney 2008Ybarra a Il teatro della vita a Trentohelga marsalamostra visitata il 10 novembre 2007
dal 10 novembre all’otto dicembre 2007
Mario Ybarra Jr. – Be good…if you can’t be good be careful…
Galleria Maze
Via Mazzini, 40 (Borgo Nuovo) – 10123 Torino
Orario: da martedì a sabato ore 15.30-19.30
Ingresso libero
Info: tel. +39 0118154145; fax +39 0115690138; mail@galleriamaze.it; www.galleriamaze.it[exibart]