L’atmosfera è conviviale nel piccolo spazio espositivo presso i vecchi Docks Dora. Tutti salutano tutti. C’è un alto concentrato di pittori, fotografi, critici, amici ma non solo. La gente gira per la sala, scrutando le immagini un po’ enigmatiche affisse alle pareti, dell’artista croato, frutto di sovrapposizioni e trasparenze, di fissaggi e riprese, di continua commistione tra fermo immagine e fotografia, con un risultato finale che mescola corpi e cose e probabilmente ha un termine nel momento in cui combacia con la sensibilità dell’artista, piuttosto che con un concetto predefinito.
Il pubblico sembra desideroso di vedere la proiezione. C’è curiosità raddoppiata dall’interesse a visionare i lavori di Darko, e al contempo quello degli artisti cui i video sono dedicati e che, come periodo di realizzazione, abbracciano un lustro, dalle immagini su Cotza girate nel 1994 a quelle su Anna Comba del 1999.
Ciò che accomuna i video per generi è la presenza/assenza dell’artista in persona ma è la sola similitudine tra alcuni di essi.
Nel video dedicato a Paola Cotza, intitolato “Icaro”, il tono è sommesso quanto le musiche di Valerio Tedeschi che accompagnano le immagini, che si dipanano lente e senza strappi. Dietro una valigia di plexiglas, sfilano le opere dell’artista, accompagnate da alcuni versi di Ovidio. L’ultima immagine è nuovamente sulla valigia trasparente, posta davanti al nulla.
Cambia il soggetto e cambia radicalmente il ritmo. Le immagini diventano veloci, quasi frenetiche, la musica è martellante. Sono flash in bianco e nero sulle opere di Giulia Caira intitolato semplicemente Caira, del 1995.
Nella proiezione successiva c’è un nuovo cambiamento. Lo stile appare quasi documentaristico. In “Appunti in sonata libera” del 1996, alle immagini di Giorgio Ciam si sovrappongono scritte didascaliche con versi ed intenti dello stesso artista che si alternano alle opere – figure di persone senza volto. C’è Tom Waits in sottofondo, appropriatissimo.
Altro video, altro stile. Nel “San Sebastiano 2099 anima di carne” su Anna Comba, esso diventa quasi cinematografico. Darko sembra raccontare una storia in cui l’artista, partendo dal disordine di un mercato di Porta Palazzo ormai dismesso, va in cerca di spazi aperti e li trova in riva al fiume Po, dove gioca a disporre le opere dedicate al suo santo moderno – la performance era in piena antitesi con la claustrofobica Artissima del Lingotto. Poetica l’immagine della deposizione sul fiume, del lungo telone con le immagini in serie.
Nell’ultimo video – “Genetica 2093” del 1998 su Sergio Ragalzi – l’ennesima mutazione. L’ambientazione è surreale. Ronzio di mosche e immagini dell’artista con la maschera antigas. Forme di plastica distese in terra, cominciano lentamente a gonfiarsi, prendendo sembianze simili a feti giganteschi e deformi. Anche alle pareti, opere con animali mutanti, sorta di scimmie/leopardo. La musica dei R.E.M. sfuma con le immagini, ancora ronzio di mosche, maschera antigas, ancora feti. Poi un respiro affannoso e i feti cominciano a sgonfiarsi.
É un improbo compito raccontare a parole e in così breve spazio, immagini che vanno viste dal vivo e percepite nel contesto più adeguato. Sul video o sullo schermo a parete. Non mi resta che consigliarvi di non perdere Darko alla sua prossima uscita. Buona visione.
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