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Secondo il calendario gregoriano la data che appare nel titolo della mostra “Domenica 10 dicembre 2039” è una combinazione impossibile, non si potrà mai avverare. Manfredi Beninati (1970) fa riferimento a un’intuizione del 1968 del fisico Gabriele Veneziano, il padre della “teoria del tutto” che ritiene esistano mondi paralleli. Questo immaginario legato al trascorrere del tempo in una dimensione spaziale si riflette nelle opere dell’artista e con la forza dell’immaginazione crea dei mondi che variano a seconda di chi li osserva e di come li si osserva.
Tutta la mostra si presenta quasi come un set cinematografico – da qui affiora, infatti, la consuetudine dell’artista con questo mondo poiché ha frequentato i set di Cinecittà – poiché nelle opere ferma, come fossero dei fotogrammi, dei frammenti di interni, atmosfere sospese, visioni quasi metafisiche e che si sviluppa attraverso dieci lightbox. Il set è fisicamente ricreato in galleria esattamente come è avvenuto anche nel 2005 alla Biennale di Venezia e a quella di Liverpool, nel 2008 alla Quadriennale d’Arte di Roma, e poi ancora a Shangai, a Istanbul, ad Atene, a Los Angeles.
“Domenica 10 dicembre 2039” che però dà il titolo a tutta la mostra si riferisce in particolare all’installazione in scala reale che ricrea il laboratorio di corniciaio attiguo alla galleria. Tutte le opere, infatti, sono state appositamente prodotte dalla galleria per questa mostra.
Il dettaglio nella sua essenzialità diventa il valore fondante di tutta l’esposizione, ogni attimo vissuto e cristallizzato, assume l’aspetto di un gioco; inoltre la valenza cinematografica sottolinea un aspetto di racconto che ogni fruitore può percepire, intuire, sperimentare e dunque creare un proprio percorso narrativo.
Il gioco tra la bi e la tridimensionalità è molto sottile. La “scena” è tridimensionale ma è vista e fruita attraverso uno schermo bidimensionale, pertanto il fruitore percepisce l’insieme come attraverso uno schermo che appiattisce e raggela la scena e non gli permette di entrare a farne parte, la osserva da fuori. Gli ambienti che Manfredi Beninati propone sono, infatti, ambienti che si possono solo “vedere”, non si possono “calpestare”, “attraversare”.
In mostra sono esposti anche una serie di piccoli bronzetti che per lo più rappresentano teste o animali e alcuni bassorilievi realizzati o in bronzo o in resina: l’artista dimostra una rinnovata attenzione per la scultura, intesa in senso tradizionale.
Se ne percepisce l’attenzione rivolta alla scultura antica ma anche ai maestri del XIX secolo tra cui spicca Medardo Rosso il quale percepisce la scultura in senso bidimensionale ed è qui che la vibrazione tattile di Beninati si palesa.
Nel plinto marmoreo che riproduce il suo notes degli appunti posto sul tavolo lavoro con a fianco una tazzina da caffè l’aderenza alla realtà è evidente e l’attenzione al dettaglio, quasi esasperata, traduce in forme plastiche uno spaccato del suo quotidiano.
Questa sezione della mostra visibile anche negli spazi di via Benedetta costituisce una sezione a sé. Sono battute di un’altra sceneggiatura, di altre sceneggiature, storie diverse cui il fruitore può dare un senso autonomo anche onirico, che svela un altro mondo e un’altra storia.
Enrica Ravenni
mostra visitata il 22 ottobre 2016
Dal 22 ottobre al 13 dicembre 2016
Manfredi Beninati, Domenica 10 dicembre 2039
Galleria Poggiali
Via della Scala 35/A e Via Benedetta 3r, Firenze
Info: info@galleriapoggiali.com, www.galleriapoggiali.com