Spesso c’è da chiedersi se è possibile distinguere gli stili espressivi nel campo della fotografia, in relazione alla nazionalità dell’autore o dell’autrice delle opere. Se per la pittura si è rivelato possibile fare queste distinzioni a causa della società, della cultura e dell’ambiente degli artisti, qui troviamo la prova anche per la fotografia (senza indagare sulla possibile diversità dello stile tra maschile e femminile).
Semplicemente la visione che si può sviluppare in paesi diversi da luogo a creazioni differenti e quindi distinguibili.
Per la quarta edizione biennale del premio le organizzatrici hanno invitato a far parte della giuria Oliva Maria Rubio (Spagna), Laura Serani (Francia)
e Roberta Valtorta (Italia). Dei lavori di quasi trecento partecipanti provenienti da ventidue paesi europei, (il numero cresce ogni volta) sono state scelte le fotografie delle tedesche Katja Stuke, Ute Behrend, Christine Erhard, della spagnola Erika Barahona
Ede, della francese Lea Crespi, della svizzera Karin Erni, della norvegese Heidi Cathrine Morstang e della slovena Aleksandra Vajd. Come nelle precedenti edizioni anche questa volta si può notare
una forte presenza delle fotografe tedesche.
Senza farsi influenzare dai nomi delle fotografe, constatiamo che lo stile della scuola di Düsseldorf, (Becher, Struth, Gursky, Höfer e altri), sembra
impregnare la nostra visione sulla fotografia contemporanea: immagini distaccate, dalla prospettiva critica di uno sguardo apparentemente oggettivo. Interpretazioni di aspetti sociali e decostruzioni dell’immagine fotografica nel suo ruolo di rappresentazioni delle realtà esteriori, portano le fotografe anche a creazioni concettuali e, mentre cercano di mettere da parte la loro personalità, come nelle riprese d’interni di celle in un carcere femminile di Erni, le autrici tendono a superare il limite della fotografia analogica servendosi anche della nuova tecnologia.
Stuke, la vincitrice, presenta stampe lambda di riprese da telecamere in luoghi pubblici, Erhard espone montaggi digitalizzati di luoghi apparentemente quotidiani, Crespi colpisce con immagini grandi di
nudo femminile in edifici degradati, (da notare il dettaglio dell’allestimento: una di queste immagini emerge da dietro una vetrata fuori dallo spazio espositivo percorribile, nella parte non restaurata delle Scuderie), Morstang provoca lo spettatore con carte bianche con frasi scritte a rilievo che creano sensazioni attraverso la parola, mentre Behrend decontestualizza il soggetto giocando con la varietà del
punto di vista e della dimensione nelle sue deliziose coppie di stampe a colori. Barahona Ede invece costruisce un racconto in una rivisitazione di vecchie fotografie di famiglia e bellissimi paesaggi fotografati da lei, che sembrano essere senza tempo; similmente procede
Vajd nel suo libro oggetto di fotografie; solo queste due autrici usano il bianco e nero. La mostra é accompagnata da due video: il gruppo Athena presenta una ricerca storica sulle donne fotografe dalla
nascita della fotografia alla prima guerra mondiale; Elena Foresto e Sara Passi documentano il premio.
Grazie a questa iniziativa importantissima, promossa e patrocinata dalla Regione Toscana, dalla Provincia di Prato e dal Comune di Poggio a Caiano, questo mese è presente a Poggio a Caiano un inquietante gruppo di fotografie che coinvolgono pienamente lo spettatore.
Katharina Hausel
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Katja Stuke
Ute Behrend
Lea Crespi
Christine Erhard
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