Se altre parti del nostro corpo, come gli occhi e le mani,
vengono relegate dall’immaginario contemporaneo a un’espressività poetica e
spesso desueta, il seno invece mantiene intatta, seppur tra esiti positivi e
negativi, la propria carica di fascinazione.
Ovvio che una tale persistenza non può esser considerata
né un mero dato di fatto né una casualità, ma devono esservi specifiche ragioni
a fondamento. Per cercare di comprenderle, o comunque d’ipotizzarle, il Mnaf ha
allestito l’esposizione tematica dal titolo
Quell’instabile oggetto del
desiderio.
Riferirsi alla fotografia d’autore, quindi a una
dimensione regolata più dall’estetica che dalla ragione, permette di svolgere
un’indagine complessiva e libera da pregiudizi: nel percorso il seno viene
mostrato come nutrimento per il bambino, elemento identitario femminile che
muta nelle diverse età, richiamo erotico di primaria importanza, simbolo
sensuale e mondano; t
anti aspetti che, sovrapponendosi alla forma unica con cui
si presenta in ogni donna, definiscono la bellezza intrinseca dell’organo.
Lo scorrere tra le visioni di grandi maestri – eleganti
anche nella trasgressione: si pensi a
Cartier-Bresson,
Saudek,
Scianna,
Erwitt,
Arbus – porta di necessità a
interrogarsi su una più recente contraddizione: sebbene il seno sia quanto mai
esposto a livello visivo, il desiderio che gli si accompagna sta divenendo in
tutto simile a quello che associamo alla merce. Come in un’umanissima caduta
degli dei, si è passati da un’adorazione rispettosa a una cupidigia compulsiva.
Tralasciando la morale, poiché quanto si afferma come
fenomeno sociale non ha già più bisogno di legittimazione, le ragioni del
fenomeno si potrebbero rintracciare nella paura recondita che l’uomo avrebbe
per una donna effettivamente non discriminata o limitata dalla società (in ciò
rientrerebbe anche la forma di puro possesso esercitata nella pornografia
attuale).
Neutrale tra le varie ipotesi, la mostra preferisce
rispondere per “voce” delle stesse protagoniste, esibendone le opere.
Sara
Saudkova,
Cindy
Sherman,
Charlotte
Moorman,
Jo
Spence, tutte le
autrici sembrano convergere su un punto: l’impostazione ironica e sorprendente,
arma contro la prepotenza residuale del patriarcato e contro ogni esasperazione
femminista. Come a dire che il seno è innanzitutto misterioso, imprevedibile,
sfuggente, al pari del carattere femminile, e che l’unica sublimazione che lo
riguarda è quella della perdita; ne sia emblema l’autoritratto in cui
Matuschka svela l’angoscia di una mastectomia.
Anche per tale motivo, e con il fine di sensibilizzare a
un rischio poco considerato, l’iniziativa è svolta in collaborazione con Europa
Donna, un movimento di opinione per la lotta alle malattie dell’organo.