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29
aprile 2008
fino al 10.V.2008 Joan Leandre Prato, Project Gentili
toscana
L’arte che si avvicina al linguaggio informatico, all’ingegneria e a un mondo virtuale reinventato. Non così distante dai valori deviati della nostra civiltà. Quando l’ingerenza della scienza nelle produzioni visive pone l’attenzione sull’immanente...
Nella figura retorica dell’allegoria si può trovare la chiave di lettura dei lavori esposti alla mostra At my limit: in the name of Kernel! dell’artista Joan Leandre (Barcellona, 1968). Un percorso che, partendo dalle fotografie satellitari di vette e pendici himalayane intitolate The Kernel Peak: At my Limit, crea continui overflow, che nel linguaggio informatico sono errori di calcolo che portano allo stallo del sistema.
Queste immagini sono realizzate da una improbabile unsaliver gephiograc soyciet (anagramma di universal geographic society) che assomiglia, per il nome e per il logo, alla celebre National Geographic. Le lambda servono da mappa per raccontare quella che fu l’impresa di due alpinisti dal nome Wipe e Shred: dopo aver raggiunto la vetta Kernel -in matematica, nucleo o immagine zero-, a causa delle difficoltà riscontrate nella discesa, Shred perde la vita. La storia ricorda molto da vicino quella dei due fratelli Messner che per primi, senza l’uso di bombole d’ossigeno, arrivarono in cima alla vetta himalayana. Reinhold Messner è il superstite non solo di quella prodigiosa impresa, ma di un modo di approfondire la propria conoscenza con il sacrificio e l’esperienza diretta, che è l’unico atto utile per comprendere la differenza tra il falso e il vero.
Nel video creato in computer graphic, In the Name of Kernel! Song of the Iron Bird, Kernel sembra rivestirsi del significato che solitamente gli viene conferito in ambiente informatico, ossia il nucleo dei sistemi operativi, un software in grado di fornire un accesso sicuro e controllato ai processi dell’elaboratore. La grafica ricorda chiaramente quella dei simulatori di volo: Leandre, infatti, è stato il primo a scomporli, tagliarli e reincollarli, in modo tale da ricalcare le orme dei pionieri del cinema d’artista come René Clair.
A differenza dei suoi predecessori, invece di usare forbici per tagliare la pellicola, Joan interviene direttamente sul software tramite prompt utili alla programmazione di videogiochi impossibili, come nel progetto Retroyou (RC) o in Retroyou (NostalG). Alle sequenze di aerei in stallo che precipitano, all’interno di In the Name of Kernel! si alternano vedute aeree di Las Vegas o Disneyland, scene di navi marittime in picchiata e panoramiche di cieli bruni sovraffollati da luci di segnalazione. Emblematica la caduta libera di qualche oggetto non identificato verso la maschera di Paperino disegnata al suolo. Un volto che non ha più l’aspetto divertente da eroe sfortunato dei fumetti, ma un’aria minacciosa, quasi fosse un elemento da eliminare per salvaguardare la sicurezza del Paese.
Nel nome di Kernel, l’allegoria si compie. Kernel non è soltanto il sistema che continua a generare mostri o errori, ma è anche il mezzo per poterli distruggere o risolverli. Kernel è qualcosa che fa paura ma al tempo stesso è lo strumento di autodifesa.
Queste immagini sono realizzate da una improbabile unsaliver gephiograc soyciet (anagramma di universal geographic society) che assomiglia, per il nome e per il logo, alla celebre National Geographic. Le lambda servono da mappa per raccontare quella che fu l’impresa di due alpinisti dal nome Wipe e Shred: dopo aver raggiunto la vetta Kernel -in matematica, nucleo o immagine zero-, a causa delle difficoltà riscontrate nella discesa, Shred perde la vita. La storia ricorda molto da vicino quella dei due fratelli Messner che per primi, senza l’uso di bombole d’ossigeno, arrivarono in cima alla vetta himalayana. Reinhold Messner è il superstite non solo di quella prodigiosa impresa, ma di un modo di approfondire la propria conoscenza con il sacrificio e l’esperienza diretta, che è l’unico atto utile per comprendere la differenza tra il falso e il vero.
Nel video creato in computer graphic, In the Name of Kernel! Song of the Iron Bird, Kernel sembra rivestirsi del significato che solitamente gli viene conferito in ambiente informatico, ossia il nucleo dei sistemi operativi, un software in grado di fornire un accesso sicuro e controllato ai processi dell’elaboratore. La grafica ricorda chiaramente quella dei simulatori di volo: Leandre, infatti, è stato il primo a scomporli, tagliarli e reincollarli, in modo tale da ricalcare le orme dei pionieri del cinema d’artista come René Clair.
A differenza dei suoi predecessori, invece di usare forbici per tagliare la pellicola, Joan interviene direttamente sul software tramite prompt utili alla programmazione di videogiochi impossibili, come nel progetto Retroyou (RC) o in Retroyou (NostalG). Alle sequenze di aerei in stallo che precipitano, all’interno di In the Name of Kernel! si alternano vedute aeree di Las Vegas o Disneyland, scene di navi marittime in picchiata e panoramiche di cieli bruni sovraffollati da luci di segnalazione. Emblematica la caduta libera di qualche oggetto non identificato verso la maschera di Paperino disegnata al suolo. Un volto che non ha più l’aspetto divertente da eroe sfortunato dei fumetti, ma un’aria minacciosa, quasi fosse un elemento da eliminare per salvaguardare la sicurezza del Paese.
Nel nome di Kernel, l’allegoria si compie. Kernel non è soltanto il sistema che continua a generare mostri o errori, ma è anche il mezzo per poterli distruggere o risolverli. Kernel è qualcosa che fa paura ma al tempo stesso è lo strumento di autodifesa.
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Project Gentili
Via del Carmine, 13 (zona Piazza Mercatale) – 59100 Prato
Orario: da martedì a sabato ore 12-20
Ingresso libero
Catalogo con testi di Kristopher Kubasik
Info: tel. +39 0574400445; fax +39 0574443704; info@projectgentili.it; www.projectgentili.it
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