Gli oltre cinquant’anni di studi che hanno preceduto la mostra su Matteo Civitali (1436-1502), rivestono l’evento di ulteriore importanza. L’esposizione costituisce un punto di arrivo utile per definire lo stato degli studi e per fare avvicinare il pubblico con una situazione artistica ingiustamente poco nota.
La prima sezione del percorso espositivo è quanto mai inconsueta: introduce nel fermento critico ed artistico che, tra il XIX e gli inizi del XX secolo, riguardò la città di Lucca. L’iniziale perplessità che si avverte di fronte a gessi d’Otto e Novecento realizzati sulla base di calchi di opere di Matteo, esposti accanto ad un’edizione della Storia della scultura di Leopoldo Cicognara, fa posto alla percezione di quale importanza essi dovettero avere presso le Accademie d’Arte del secolo scorso.
È indicativo tuttavia che il nome di Matteo Civitali sia ora per lo più sconosciuto al grande pubblico; l’oblìo che seguì al
La mostra è l’occasione per ricondurre l’attenzione verso un linguaggio che, ovviamente, prende i passi da Firenze, ma guardando a Siena, all’Emilia e ad ambienti transalpini, crea un insieme autonomo e di fresca novità.
Si guardi a proposito l’altorilievo di Prato, raffigurante la Madonna col Bambino , recentemente riconosciuta come opera giovanile di Matteo –vedi nel catalogo il saggio e la scheda critica di Francesco Caglioti-; essa è stata sempre ritenuta di mano fiorentina, presumibilmente vicina ad Antonio Rossellino. Infatti gli influssi fiorentini sono evidenti, ma l’impostazione monumentale, tipica dei bassorilievi rosselliniani, si mescola a forme eleganti ed aggraziate, arricchite dall’attenzione per il dato naturalistico.
L’autonomia di Civitali rispetto a Firenze si concretizza in questo. La sua estrema versatilità nel trattare diversi materiali cresce nelle opere mature; in esse più che mai emerge la capacità di colloquiare, di confrontarsi con svariati stimoli. Basta guardare, ad esempio, i busti in marmo e terracotta che rappresentano il Redentore, un motivo iconografico poco diffuso in Italia e proveniente da Oltralpe, la cui pateticità era destinata al culto privato.
Il grande merito di questa mostra è quello di dimostrare come da realtà artistiche dalla fortuna critica non grandissima, si possano scoprire dinamiche e fatti artistici davvero formidabili.
germano boffi
mostra visitata il 3 maggio 2004
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