Chi avesse in mente Tempi moderni di Charlie Chaplin, o la macchietta di Giorgio Gaber che parodiava i tic dell’operaio anni ‘60 nello sketch di una televisione ancora in bianco e nero, si scordi tutto questo. Sono trascorsi molti anni, ne è passata di acqua sotto i ponti e certo non stiamo parlando di catene di montaggio. Stiamo parlando di uno spazio atelier: la Tessilform di Patrizia Pepe.
Situazione raffinata e piacevole, tutti sorridenti, tutti rilassati. Camminiamo in punta di piedi in un’atmosfera soft e disinvolta nella quale si muovono e scendono la stupenda scalinata, degna di Wanda Osiris del terzo millennio, manager bellocci e rampanti. I visitatori parlano a voce bassa, piano piano si entra in sintonia con il luogo grazie alla gentilezza ed alle esaurienti spiegazioni del direttore artistico e architetto dell’intera struttura, Ronaldo Fiesoli.
Nell’atrio si avvolge la scala elicoidale, unico arredo dell’ampio ambiente e punto nodale dell’intera struttura. Collocata al centro, la scultura di Franco Menicagli sembra esserne parte integrante, in perfetta sintonia stridente sullo sfondo rosso-rosato della scala. Basamento di foggia rinascimentale su cui si posa uno strano volatile, prodotto di mistura genica, clone mostruoso che racconta lo scetticismo con cui l’artista guarda alle nuove sperimentazioni. Altri ibridi sono appesi nell’attigua sala riunioni a dare un ulteriore tocco di raffinatezza a questo inusuale e affascinante spazio espositivo.
L’artista costruisce le sue sculture con materiale povero, cartoncino bianco o colorato, compattato e tenuto insieme da scotch di carta (quello da carrozzieri,…per intenderci).
Il bestiario, che vede come prototipo una Fiat Punto con enormi zampe rugose al posto di ruote si è arricchito di nuovi esemplari volanti, frutto di ironiche quanto perplesse alchimie di animali visitors che invadono le nostre menti e la nostre coscienze. Il titolo del catalogo è un connubio esauriente del tema affrontato: Leobrante miscuglio sillabico e divertente gioco onomatopeico fra le parole leone, zebra e serpente. Amalgama esilarante e nondimeno saturo di angoscia che si esprime nelle opere di Menicagli.
Arte e imprenditoria, una sinergia che può offrire vantaggi ad entrambi come dimostra il premio Impresa e cultura 2002 assegnato in questi giorni alla Fondazione dell’Ospedale Meyer di Firenze. Ci piacerebbe vedere ancora sul podio altre realtà toscane come la Tessilform che non producono cultura soltanto nel proprio settore ma creano eventi artistici e ne fanno campo d’intervento costante e produttivo.
articoli correlati
Antropologica
Leobrante
Rotte metropolitane
link correlati
il sito di Franco Menicagli
daniela cresti
visitata il 5.11.02
Alle Gallerie d'Italia di Vicenza, in mostra la scultura del Settecento di Francesco Bertos in dialogo con il capolavoro "Caduta…
La capitale coreana si prepara alla quinta edizione della Seoul Biennale of Architecture and Urbanism. In che modo questa manifestazione…
Giulia Cavaliere ricostruisce la storia di Francesca Alinovi attraverso un breve viaggio che parte e finisce nella sua abitazione bolognese,…
Due "scugnizzi" si imbarcano per l'America per sfuggire alla povertà. La recensione del nuovo (e particolarmente riuscito) film di Salvatores,…
Il collezionista Francesco Galvagno ci racconta come nasce e si sviluppa una raccolta d’arte, a margine di un’ampia mostra di…
La Galleria Alberta Pane, 193 Gallery, Spazio Penini e Galleria 10 & zero uno sono quattro delle voci che animano…