Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
31
luglio 2009
fino al 13.XII.2009 Il fasto e la ragione Firenze, Uffizi
toscana
Nobiltà in decadenza, artisti girovaghi, viaggiatori colti e rifugiati. È il delicato passaggio dal Barocco all’Illuminismo. Affrontato per la prima volta in una visione d’insieme...
Non è un secolo facile per Firenze, il Settecento, diviso fra i Medici, che vedono il tramonto della loro dinastia, l’arrivo dei Lorena e, a fine secolo, gli echi della rivoluzione che porterà in Toscana i Bonaparte. Forse è per questa frammentazione politica, ma anche culturale, che mancava uno sguardo d’insieme su questo periodo, al quale ovvia con sobrietà e chiara impronta didattico-divulgativa la mostra degli Uffizi.
Se il secolo si apre nel solco di un attaccamento al Barocco e al suo gusto per gli oggetti preziosi, nei palazzi e nelle cappelle gentilizie si muovono però pittori e decoratori giovani e instancabili: Matteo Bonechi, Francesco Conti e Camillo Sagrestani, capaci di aggiornare con maggior freschezza il loro repertorio verso temi profani. La continuità col passato, sostenuta da Cosimo III, s’interrompe con Ferdinando Medici, Gran Principe che, con la sua predilezione per la pittura veneziana di Sebastiano Ricci, per le tele del bolognese Crespi e del lombardo Magnasco, riesce a provocare un deciso rinnovamento, oltre che ad assicurare a Firenze una serie di capolavori dell’epoca.
Gli artisti forestieri invitati a Firenze furono capaci, con alcune opere magistrali come Amore e Psiche, di orientare il gusto verso nuovi soggetti, come i concertini e le conversazioni alla moda veneta, e verso i dipinti di piccolo formato, da quadreria, ambiente che ormai non poteva mancare nelle case patrizie in un turbinio di stili: da toni luminosi e spumeggianti a quadri macchiati e oscuri, ai paesaggi e vedute graditi agli stranieri del Grand tour, che a Firenze già abbondavano.
Dal punto di vista qualitativo e immaginativo, dalla mostra emerge con chiarezza il ruolo della scultura di piccolo formato, che indipendentemente dal materiale riesce a mostrarsi pienamente inserita nel gusto internazionale. I delicati busti, gli idilli graziosi e la leggiadria con cui vengono trattate le storie mitologiche mostrano una scuola di grandissima tecnica e di superbi risultati, a cui s’affianca dagli anni ‘40 la produzione delle porcellane di Doccia, che accanto alle riproduzioni di opere classiche si appoggiava alla creatività degli artisti contemporanei, commerciando manufatti di grande raffinatezza, che ebbero un’ampia circolazione nell’Europa del tempo.
Questa scultura maturerà quasi naturalmente verso esiti neoclassici con Carradori e Spinazzi e con gli stucchi di Albertolli, per giungere a fare da sfondo e cornice alla scultura classica in Pitti e agli Uffizi, nell’ambito di quella rivalutazione dell’antico e dell’archeologia che si affermano dopo la metà del secolo.
La panoramica si conclude con il rinnovamento della pittura in senso neoclassico, frutto – oltre che della fondazione dell’Accademia di Belle Arti – dell’opera di Pompeo Batoni e dei residenti inglesi, autori di ritratti spregiudicati, e dopo il 1793, della colonia di rifugiati francesi in fuga da Roma, come Louis Gauffier e François Fabre. Che apriranno l’animo dei giovani artisti toscani, Benvenuti e Sabatelli, verso i tormenti dell’età romantica.
Se il secolo si apre nel solco di un attaccamento al Barocco e al suo gusto per gli oggetti preziosi, nei palazzi e nelle cappelle gentilizie si muovono però pittori e decoratori giovani e instancabili: Matteo Bonechi, Francesco Conti e Camillo Sagrestani, capaci di aggiornare con maggior freschezza il loro repertorio verso temi profani. La continuità col passato, sostenuta da Cosimo III, s’interrompe con Ferdinando Medici, Gran Principe che, con la sua predilezione per la pittura veneziana di Sebastiano Ricci, per le tele del bolognese Crespi e del lombardo Magnasco, riesce a provocare un deciso rinnovamento, oltre che ad assicurare a Firenze una serie di capolavori dell’epoca.
Gli artisti forestieri invitati a Firenze furono capaci, con alcune opere magistrali come Amore e Psiche, di orientare il gusto verso nuovi soggetti, come i concertini e le conversazioni alla moda veneta, e verso i dipinti di piccolo formato, da quadreria, ambiente che ormai non poteva mancare nelle case patrizie in un turbinio di stili: da toni luminosi e spumeggianti a quadri macchiati e oscuri, ai paesaggi e vedute graditi agli stranieri del Grand tour, che a Firenze già abbondavano.
Dal punto di vista qualitativo e immaginativo, dalla mostra emerge con chiarezza il ruolo della scultura di piccolo formato, che indipendentemente dal materiale riesce a mostrarsi pienamente inserita nel gusto internazionale. I delicati busti, gli idilli graziosi e la leggiadria con cui vengono trattate le storie mitologiche mostrano una scuola di grandissima tecnica e di superbi risultati, a cui s’affianca dagli anni ‘40 la produzione delle porcellane di Doccia, che accanto alle riproduzioni di opere classiche si appoggiava alla creatività degli artisti contemporanei, commerciando manufatti di grande raffinatezza, che ebbero un’ampia circolazione nell’Europa del tempo.
Questa scultura maturerà quasi naturalmente verso esiti neoclassici con Carradori e Spinazzi e con gli stucchi di Albertolli, per giungere a fare da sfondo e cornice alla scultura classica in Pitti e agli Uffizi, nell’ambito di quella rivalutazione dell’antico e dell’archeologia che si affermano dopo la metà del secolo.
La panoramica si conclude con il rinnovamento della pittura in senso neoclassico, frutto – oltre che della fondazione dell’Accademia di Belle Arti – dell’opera di Pompeo Batoni e dei residenti inglesi, autori di ritratti spregiudicati, e dopo il 1793, della colonia di rifugiati francesi in fuga da Roma, come Louis Gauffier e François Fabre. Che apriranno l’animo dei giovani artisti toscani, Benvenuti e Sabatelli, verso i tormenti dell’età romantica.
articoli correlati
Arte e manifattura di corte a Firenze dal tramonto dei Medici all’impero
silvia bonacini
mostra visitata il 30 maggio 2009
dal 29 maggio al 13 dicembre 2009
Il fasto e la ragione. Arte del Settecento a Firenze
a cura di Carlo Sisi e Riccardo Spinelli
Galleria degli Uffizi
Piazzale degli Uffizi, 1 – 50122 Firenze
Orario: da martedì a domenica ore 8.15-18.50
Ingresso: intero € 10; ridotto € 5
Catalogo Giunti
Info: tel. +39 0552654321; www.unannoadarte.it/fastoeragione
[exibart]