Francesco Carone (Siena, 1975) apre la sua mostra impilando direttamente all’ingresso, come a formare un muro, l’
Epilogo (2008), ossia la raccolta delle varie edizioni del capolavoro di Melville che gli ha ispirato lavori come
Mare Nostrum (2005),
Sant’Elmo (2004) e, infine,
Profeta (2008), un bastone da passeggio con quattro impugnature, volte ciascuna verso un punto cardinale. L’ogni dove bloccato nell’opera.
“
Come artista mi sono sempre sentito vicino al carattere di Achab. Il capitano non è semplicemente a caccia di capodogli e balene, ma brama Moby, una balena, e solo quella. La sua ricerca è continua, frenetica instancabile e, nonostante la vastità del mare tenda a vanificarla, lui non sente ragioni, va avanti”. E Carone è andato pure lui avanti, e ha sfiorato il
Nocciolo (2008) della questione, creando per analogia visiva e concettuale una palla di noccioli, per l’appunto, incollati l’uno all’altro.
Sono i resti di quei frutti – pesche, susine, ciliegie – mangiati e conservati dall’artista, ora trasformati in un’opera che è simbolo o sinonimo di eraclitea rigenerazione. Perché se il nocciolo è parte residuale, al contempo è l’involucro che protegge il seme, dal quale nascono pianta, uomo, idea. U
n nocciolo diviso a metà, molto simile a due barche in miniatura, quelle che servono (a uomo e donna?) per galleggiare fra i turbini del
Maelström. E se per Melville “
il mare è l’immagine dell’inafferrabile fantasma della vita”, per Carone l’arte è il galeone che sopravvive ai flutti, alle alte e basse maree della moda, del gusto e del mercato.
Non rinuncia alla poesia e all’immediatezza neanche
Quadrante (2008), una lastra di cristallo sulla quale l’artista inserisce, nello spessore del vetro, varie lenti d’ingrandimento, tante quante le stelle che compongono la costellazione della Balena, che si proietta sul muro sfruttando la luce ambientale.
Il piacere del collezionare torna in vario modo nell’approccio operativo e artistico di Carone: intere raccolte d’oggetti trovati – ossi, libri, noccioli… – sono le materie prime del suo lavoro.
Congettura (2008), per esempio, è realizzata con una serie di ciotole rigorosamente verdi, di diverse dimensioni e materiali, che l’artista incastra sulla superficie di un quadro che ben poco ha a che vedere con la pittura. Un’altra sequenza, di brocche in ceramica, si dispone secondo un ordine immutabile – studiato per garantirne la stabilità – su una mensola, che le protegge da ogni
Insidia (2008).
Una mostra asciutta e affascinante, sicuramente più matura delle precedenti, per un artista che sembra essersi liberato da ogni sovrastruttura e spiegazione, per lasciare il posto a opere aperte, decostruite, assemblate. Che riescono a sintetizzare la personale escatologia, aumentandone la forza.