Simone Bortolotti presenta a San Gimignano una serie di lavori tramite i quali è possibile ripercorrere il suo cammino artistico dagli anni Novanta fino ad oggi. Bortolotti rivela un gusto essenzialmente intimista, non solo nelle scene di interno, che cronologicamente nascono dopo, ma anche in quelle ambientate all’esterno, con le quali esordisce. I primi esterni realizzati da Bortolotti presentano strutture architettoniche, dei patii, scandite da finestre e aperture dalle quali entra la luce, creando un gioco di ombreggiature che contribuisce ad evidenziare il geometrismo della composizione. Poiché la fonte luminosa non ha un’origine ben definibile, è difficile stabilire se le ombre che si creano a terra o sui vari elementi che compongono la struttura architettonica siano reali oppure no. Ai patii si uniscono elementi naturali, ovvero pini, cipressi e cespugli rigogliosi dalle forme tondeggianti o appuntite, che intessono un dialogo silenzioso e sottile con gli elementi architettonici, sostituendosi egregiamente alla figura umana (che è sempre assente).
Le strutture architettoniche che nascono dai pennelli di Bortolotti non sono totalmente frutto dell’invenzione, ma nascono da suggerimenti carpiti dalla realtà, dal ricordo di luoghi realmente visitati o appartenenti all’universo personale dell’artista. I patii, per esempio, si riferiscono fedelmente –come ammette lo stesso Bortolotti– al patio presente all’interno di una villa di amici ubicata a Roccamare, vicino Castiglione della Pescaia, dove egli ha trascorso molte estati. I pini e tutti gli elementi naturali richiamano il paesaggio della Maremma e in qualche modo tradiscono anche la profonda passione dell’artista per la natura (proviene dagli studi di Scienze Forestali).
A partire dal 1997/1998 Bortolotti comincia ad ampliare la gamma dei soggetti rappresentati e la tavolozza dei colori. Le tele, inizialmente preparate con un fondo blu o grigio scuro, lasciano spazio a colori tenui, dai toni pastello, come il grigio tortora, il rosa aranciato e l’azzurro polvere, e ad ombreggiature più morbide. I soggetti prediletti divengono gli interni delle abitazioni, dalle cui finestre si scorge sempre il caratteristico paesaggio fatto di pini e di siepi di bosso. All’interno però compaiono nuovi elementi, simboli del relax: poltrone, tavoli, sedie e vasi che sembrano usciti da patinate riviste di arredamento e che nelle forme richiamano le creazioni di Philippe Stark. Il gusto intimista e riflessivo delle composizioni si unisce ad un sapore metafisico alla Morandi, accentuato appunto dalla presenza di oggetti come vasi e sculture. Il gioco di sovrapposizione interno/esterno e ombra/luce si infittisce ancor più: alle pareti dei nuovi interni di Bortolotti sono appesi quadri che sembrano aperture rivolte all’esterno e la luce proviene da finestre velate da leggere veneziane o da altre stanze illuminate da luce artificiale. Questi nuovi interni, che spesso si riferiscono all’abitazione dello stesso artista o a quelle di suoi amici, si animano di nuove presenze: i cactus, ovvero “alberi da interno”, che intessono un fitto dialogo con gli alberi esterni.
sara paradisi
mostra visitata il 25 marzo 2006
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