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08
gennaio 2008
fino al 16.I.2008 Nobuko Tsuchiya Prato, Enrico Fornello
toscana
Movimento e ritmo dell’acqua. L’elemento primario come essenza creativa, veicolo di esperienza e fonte a cui attingere. Per appropriarsi di arte e cultura. A Prato, le sculture di un cittadino del mondo...
“Voglio che il mio lavoro sia come l’acqua”: metafora calzante per opere che incorporano musicalità linguistica e sensualità. Fili da pesca, baby conigli, memorie e vagabondaggi onirici. Nobuko Tsuchiya (Yokohama, 1972; vive a Londra) sente la musicalità come carattere innato e la trasferisce nelle sue sculture e nei materiali usati. Nascono cosi installazioni evocative, concettualmente complesse, ma leggere e raffinate. L’appartenenza biunivoca della propria identità all’opera che sta creando perdura per il tempo della realizzazione; segue l’indipendenza dell’opera finita, che una volta esposta assurge a vita propria, nella relazione e nella dialettica con chi la guarda e la sa ascoltare.
Le sculture di Tsuchiya sono assemblate con materiali disparati, spesso utensili, oggetti di scarto e parti di mobili, “unificati” da forme in resina, ideate e costruite dall’artista. Che costituiscono il filo conduttore, nonché una ulteriore chiave di lettura delle installazioni. Impronte tematiche di pressante forza espressiva, che nulla concedono al banale e al compromesso del facile gusto. In Sky cleaner e in Wing sensor, esposte allo Spazio P21 della galleria Enrico Fornello, così come in Table Rabbit, una delle tre opere presenti alla Biennale di Venezia del 2003, è l’associazione di pensiero il cardine creativo. A essa si compenetra l’unione di svariati materiali e l’armonia onomatopeica della lingua. Il tutto si conclama in un’opera-scultura di ampio respiro, senza un titolo che la accomuni, costituita da elementi di forte identità propria. Come in un “paesaggio da guardare”, dove monti, case, valli e fiumi immaginari dialogano in corrispondenze e contrapposizioni, creando con la loro presenza l’acquisizione del “concetto” di paesaggio. Tsuchiya usa un gramelot creativo, quasi teatrale, senza articolazione di parole, ma con assonanze che imitano, nell’intonazione e nel ritmo, le espressioni di una lingua o di un suono.
Solo partendo dal concetto di multiculturalità, che ha contrassegnato la vita dell’artista -nata in Giappone, ha studiato a Firenze e ora vive in Gran Bretagna-, si ha la percezione di cosa significhi la sua arte. In questo periodo è contrassegnata da un forte interesse per la complessità del mondo materiale e per “l’imprevisto”, che gioca un ruolo significativo nella freschezza del lavoro e nel desiderio di allontanamento da schemi e convenzioni sociali.
In Introduction shuttle troviamo incise nella parte metallica della scultura la storia della navetta dalla prima spedizione lunare. Greentale quotation comunica con uno sbuffo di peluria che richiama la coda di un coniglio, mentre Carillon Fishing dà vita a mutevoli flussi immaginativi. Niente a che fare con la comprensione, ma solo con la percezione e l’esperienza dell’osservatore, che “contribuiscono a completare o espandere” il processo creativo.
Le sculture di Tsuchiya sono assemblate con materiali disparati, spesso utensili, oggetti di scarto e parti di mobili, “unificati” da forme in resina, ideate e costruite dall’artista. Che costituiscono il filo conduttore, nonché una ulteriore chiave di lettura delle installazioni. Impronte tematiche di pressante forza espressiva, che nulla concedono al banale e al compromesso del facile gusto. In Sky cleaner e in Wing sensor, esposte allo Spazio P21 della galleria Enrico Fornello, così come in Table Rabbit, una delle tre opere presenti alla Biennale di Venezia del 2003, è l’associazione di pensiero il cardine creativo. A essa si compenetra l’unione di svariati materiali e l’armonia onomatopeica della lingua. Il tutto si conclama in un’opera-scultura di ampio respiro, senza un titolo che la accomuni, costituita da elementi di forte identità propria. Come in un “paesaggio da guardare”, dove monti, case, valli e fiumi immaginari dialogano in corrispondenze e contrapposizioni, creando con la loro presenza l’acquisizione del “concetto” di paesaggio. Tsuchiya usa un gramelot creativo, quasi teatrale, senza articolazione di parole, ma con assonanze che imitano, nell’intonazione e nel ritmo, le espressioni di una lingua o di un suono.
Solo partendo dal concetto di multiculturalità, che ha contrassegnato la vita dell’artista -nata in Giappone, ha studiato a Firenze e ora vive in Gran Bretagna-, si ha la percezione di cosa significhi la sua arte. In questo periodo è contrassegnata da un forte interesse per la complessità del mondo materiale e per “l’imprevisto”, che gioca un ruolo significativo nella freschezza del lavoro e nel desiderio di allontanamento da schemi e convenzioni sociali.
In Introduction shuttle troviamo incise nella parte metallica della scultura la storia della navetta dalla prima spedizione lunare. Greentale quotation comunica con uno sbuffo di peluria che richiama la coda di un coniglio, mentre Carillon Fishing dà vita a mutevoli flussi immaginativi. Niente a che fare con la comprensione, ma solo con la percezione e l’esperienza dell’osservatore, che “contribuiscono a completare o espandere” il processo creativo.
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mostra visitata il 7 dicembre 2007
dal 20 novembre al 16 gennaio 2008
Nobuko Tsuchiya
Galleria Enrico Fornello – Spazio P21
Via Paolini, 21 – 59100 Prato
Orario: da martedì a sabato ore 11-13 e 15-20
Ingresso libero
Info: tel. +39 0574462719; fax +39 0574471869; info@enricofornello.it; www.enricofornello.it
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