“L’effetto deve essere un silenzio tale da spaventarsi sentendo bussare alla porta”: da questa incisiva frase dell’artista svizzero Arnold Böcklin (1827-1901) sembra prendere vita l’universo naturalistico che occupa la grande tela – esposta nella prima sala della mostra – raffigurante “Osterie sotto gli alberi” (1853, Lipsia, Museum der bildenden künste), distesa paesaggistica che si sviluppa in orizzontale in un’atmosfera rarefatta, velata e come pervasa da un filtro luministico di colore giallognolo: una natura possente e grandiosa, dominata da una gigantesca sagoma d’albero sovrasta le poche comparse umane confinate sulla sinistra della composizione.
Se di “simbolismo europeo” ha spesso parlato la critica in riferimento alla densità espressiva dell’arte böckliniana, l’eclettismo delle scelte stilistiche e iconografiche instancabilmente sperimentato dal maestro svizzero sfugge ad ogni univoca definizione. Da una pur rapida osservazione delle opere presenti nella prima sala espositiva, l’occhio del visitatore riceve stimoli continui e diversi: paesaggi rurali e romantici, castelli in rovina, figure mitologiche, episodi fiabeschi, biblici e leggendari invadono tele, tavole, gessi dipinti e lavorati con inesauribile volontà di ricerca, fondata in primo luogo su una profonda conoscenza della pittura ad olio. Da ricordare, in particolare, l’entusiasmo suscitato nella fantasia di Böcklin dalla visita a Pompei avvenuta nel 1863 – oltre che dalla precedente esperienza romana – episodio che inaugurò una stagione artistica di tributo all’arte antica che lo vide impegnato in un utilizzo sperimentale di resina e cera.
Tra le opere esposte nella prima sala, spiccano per particolarità il gesso dipinto raffigurante la Testa di Medusa (1887, collezione privata) e l’olio su tavola raffigurante “Pan fra i bambini”, (1900, anch’esso appartenente a collezione privata) caratterizzato da uno stile anomalo e da tratti descrittivi ruvidi, scarni, quasi incisi sul supporto, sorta di graffito generatore di sagome dalle fattezze trascurate, sbozzate quasi in tratti primitivi.
Sulle note del poema sinfonico (1913) di Max Reger ispirato alla celebre “Isola dei morti” – della quale l’artista svizzero realizzò ben quattro versioni (che saranno tutte esposte a Basilea dal 5 maggio al 12 agosto 2001) – il visitatore è accolto nel secondo ambiente espositivo, che propone appunto una copia da Böcklin del suddetto dipinto (appartenente a collezione privata). La saletta, piuttosto scarna nel contenuto, sembra proporsi come sorta di summa suggestiva e misteriosa evocante l’alone di profondo misticismo da sempre scaturito dall’“Isola dei morti”: attorno al quadro compaiono così ritagli del noto fumetto Martin Mystère nel quale il soggetto del dipinto diviene argomento di indagine del “detective dell’impossibile”, bozzetti di scena, fotografie teatrali, taccuini e libri che dalla seducente ed inquietante scenografia dell’opera böckliniana hanno tratto suggerimento.
Alice Tavoni
L’esposizione no(w)here, a cura dei partecipanti della School for Curatorial Studies Venice, è visitabile a Venezia fino al 5 ottobre
Torna la rubrica "Un libro al giorno", per presentare romanzi e saggi, ultime pubblicazioni e grandi classici. Non solo arte…
Città, territorio, quartieri, comunità: la città marchigiana, già nota per le sue eccellenze nel campo della musica e delle bellezze…
Dalla stima dei beni all’attività pubblicitaria, Casa d'Aste Guidoriccio stringe i legami con il territorio toscano e guarda oltre i…
Other Identity è la rubrica dedicata al racconto delle nuove identità visive e culturali e della loro rappresentazione nel terzo…
La Fondazione Giorgio Cini e la città di Venezia aprono le porte alla terza edizione di Homo Faber. L’esposizione, dedicata…