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08
luglio 2010
fino al 16.VII.2010 Andrea Zittel Firenze, Palazzo Pitti
toscana
Investigative living. Dal deserto californiano plana nel centro di Firenze l’artista del “ritorno alla terra”. Fra rovine umane e manifestazioni di affetto per la natura...
La quotidianità estrema,
l’investigazione esistenziale del day to day, la sintesi espressiva tra
manufatti artigianali e alta tecnologia. Il tutto calato nell’angolo più
riservato, intimo, appartato e protetto della famiglia granducale, nella reggia
di Pietro Leopoldo. È appunto nelle cinque sale dell’appartamento della Meridiana,
all’interno della Galleria del Costume di Palazzo Pitti, che vengono ospitate
80 opere di Andrea Zittel (Escondido, California, 1945; vive nel deserto di Joshua
Tree), alcune di queste esposte per la prima volta.
O forse sarebbe più corretto
attribuire questi lavori, nello stile volutamente impersonale del brand, alla
A-Z Administrative Service Zittel. Una sorta di label separata dall’artista, ma
immediatamente identificabile, come i momenti e le fasi che lo hanno
accompagnato: A-Z East, High Desert Test Sites o A-Z Smockshop.
L’investigative living dell’artista californiana trova
così, a nove ore di volo dai deserti della California, in centro a Firenze, la
sua cella abitativa. Niente male per una creativa che cerca l’ispirazione
nell’aria rarefatta e pulviscolare del Joshua Tree National Park. E il deserto
è protagonista fin dalla prima sala del percorso espositivo, dove l’idealismo
“back to the land” si ricompone nella Wagon Station in the Desert. Una situazione abitativa
estrema, fiera delimitatrice di spazi di sicurezza in un ambiente ostile. Sopra
la sabbia, carcasse di fusti, pneumatici anneriti di autocarri. Una natura
primitiva devastata dal passaggio umano.
Nella sala successiva, giusto
all’angolo estremo che si affaccia sul Giardino di Boboli, Zittel ridefinisce
l’ambiente attraverso la sovrapposizione sulle pareti di immagini satellitari,
una sorta di mappatura degli agglomerati umani, un omaggio ai motori di ricerca
di ultima generazione. Al centro, il disegno dalle morbide geometrie di un
grande tappeto. I colori sono quelli della frontiera, incapaci di ogni
possibile dolorosa discontinuità con l’ambiente circostante.
Ormai è evidente anche la qualità
delle commistioni: scultura, pittura, gouache e manufatti sono modalità diverse
di una rappresentazione che pone sempre al centro l’esistenza quotidiana, la
sua intrinseca cifra espressiva. E non può mancare il richiamo al manifesto di
Andrea Zittel, These Things I know for sure, la volontà di scolpire in
aforismi circolari le tensioni interiori. Sui grandi quadri, le linee lasciano
il campo alle lettere, segni che si dilatano per carpire l’attenzione del
visitatore. Void and Avoids è l’urlo scritto contro la consumption-driven society, per manifestare il malessere di
un sopruso quotidiano nei confronti di creatività e trasparenza.
Immagini e oggetti d’arte inseriti
nella vita, una definizione costante dello spazio e insieme l’umana tensione
verso la mobilità: sono questi gli ingredienti base dei manufatti dell’artista
di Escondido. Sui dipinti avvertimenti secchi, note accanto ai colori: un
richiamo costante a un’etica risolutiva.
E Palazzo Pitti non è che
l’ennesima sperimentazione, la sfida per includere in un ambiente estremo, come
i luoghi del Rinascimento fiorentino, gli oggetti dell’arte. In modo
altrettanto non convenzionale quanto i siti sperimentali della Yucca Valley, di
Pioneer Town o di 29 Palms.
l’investigazione esistenziale del day to day, la sintesi espressiva tra
manufatti artigianali e alta tecnologia. Il tutto calato nell’angolo più
riservato, intimo, appartato e protetto della famiglia granducale, nella reggia
di Pietro Leopoldo. È appunto nelle cinque sale dell’appartamento della Meridiana,
all’interno della Galleria del Costume di Palazzo Pitti, che vengono ospitate
80 opere di Andrea Zittel (Escondido, California, 1945; vive nel deserto di Joshua
Tree), alcune di queste esposte per la prima volta.
O forse sarebbe più corretto
attribuire questi lavori, nello stile volutamente impersonale del brand, alla
A-Z Administrative Service Zittel. Una sorta di label separata dall’artista, ma
immediatamente identificabile, come i momenti e le fasi che lo hanno
accompagnato: A-Z East, High Desert Test Sites o A-Z Smockshop.
L’investigative living dell’artista californiana trova
così, a nove ore di volo dai deserti della California, in centro a Firenze, la
sua cella abitativa. Niente male per una creativa che cerca l’ispirazione
nell’aria rarefatta e pulviscolare del Joshua Tree National Park. E il deserto
è protagonista fin dalla prima sala del percorso espositivo, dove l’idealismo
“back to the land” si ricompone nella Wagon Station in the Desert. Una situazione abitativa
estrema, fiera delimitatrice di spazi di sicurezza in un ambiente ostile. Sopra
la sabbia, carcasse di fusti, pneumatici anneriti di autocarri. Una natura
primitiva devastata dal passaggio umano.
Nella sala successiva, giusto
all’angolo estremo che si affaccia sul Giardino di Boboli, Zittel ridefinisce
l’ambiente attraverso la sovrapposizione sulle pareti di immagini satellitari,
una sorta di mappatura degli agglomerati umani, un omaggio ai motori di ricerca
di ultima generazione. Al centro, il disegno dalle morbide geometrie di un
grande tappeto. I colori sono quelli della frontiera, incapaci di ogni
possibile dolorosa discontinuità con l’ambiente circostante.
Ormai è evidente anche la qualità
delle commistioni: scultura, pittura, gouache e manufatti sono modalità diverse
di una rappresentazione che pone sempre al centro l’esistenza quotidiana, la
sua intrinseca cifra espressiva. E non può mancare il richiamo al manifesto di
Andrea Zittel, These Things I know for sure, la volontà di scolpire in
aforismi circolari le tensioni interiori. Sui grandi quadri, le linee lasciano
il campo alle lettere, segni che si dilatano per carpire l’attenzione del
visitatore. Void and Avoids è l’urlo scritto contro la consumption-driven society, per manifestare il malessere di
un sopruso quotidiano nei confronti di creatività e trasparenza.
Immagini e oggetti d’arte inseriti
nella vita, una definizione costante dello spazio e insieme l’umana tensione
verso la mobilità: sono questi gli ingredienti base dei manufatti dell’artista
di Escondido. Sui dipinti avvertimenti secchi, note accanto ai colori: un
richiamo costante a un’etica risolutiva.
E Palazzo Pitti non è che
l’ennesima sperimentazione, la sfida per includere in un ambiente estremo, come
i luoghi del Rinascimento fiorentino, gli oggetti dell’arte. In modo
altrettanto non convenzionale quanto i siti sperimentali della Yucca Valley, di
Pioneer Town o di 29 Palms.
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dal 18 giugno al 16 luglio 2010
Andrea Zittel – Between Art and Life
a cura di Alberto Salvadori
Palazzo Pitti – Galleria del Costume
Piazza dei Pitti, 1 – 50125 Firenze
Orario: tutti i giorni ore 8.15-18.50
Ingresso: intero € 6; ridotto € 3
Catalogo Sillabe
Info: tel. +39 05523885; www.pittimmagine.com
[exibart]