Raccoglie circa cinquanta opere realizzate tra il 1997 ed il 2003 la personale di Ketty Tagliatti . Il titolo, Diastema, ricavato dal libro L’intervallo perduto di Gillo Dorfles, fa riferimento al fattore “diastematico” in quanto perdita dell’intervallo di silenzio tra due rumori. Tale assenza altera costantemente la nostra comprensione della realtà con inevitabili conseguenze nei vari ambiti della vita.
Accendendo i riflettori sul procedere lento e meditativo di Ketty Tagliatti, il percorso dell’esposizione si confronta, a suo modo, con un concetto che, dopo aver contraddistinto l’ultima parte del Novecento, sembra trovare nuove ideali amplificazioni nello sviluppo della nostra era tecnologica. Il veloce succedersi o meglio
La mostra, aprendosi con l’immagine di una poltrona vecchia, sfondata, irrestaurabile, comunica inizialmente l’idea di uno spazio destabilizzato. Del resto, la poltrona, immobile nel trascorrere del tempo, rappresenta la vera grande protagonista del lavoro della Tagliatti sin dal 1996. In questo periodo il soggetto è un mero pretesto per disegnare, mentre il segno è la pura espressione di un’identità, quasi una sorta di impronta digitale dell’artista ferrarese, che presenta un disegno della solita poltrona continuamente cancellato e riproposto. Successivamente il desiderio di fissare la forma introduce il ricamo tramutando il segno in filo. Grovigli, spirali, cancellazioni e di nuovo disegno mettono in luce una continua tensione tra oggettività e interiorità. Ciò nonostante è proprio l’innovazione sia del “soggetto” sia del “gesto” a dare vita alle realizzazioni della sezione conclusiva della mostra.
silvia fierabracci
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