Le fotografie si “
impadroniscono della realtà”, si pongono come “
una
traccia, una sorta di schema del reale”, scriveva Susan Sontag ormai parecchi anni fa. È ancora
vero nell’era della rivoluzione del digitale?
I processi numerici di produzione e le moderne tecniche di
postproduzione tendono ad allontanare sempre più l’immagine fotografica e video
dalla realtà da cui scaturisce. Gli artisti elaborano, manipolano, modificano
le immagini, creando vere e proprie messe in scena e dando vita a una loro
personale ir-realtà.
Nella mostra
Realtà manipolate è presentata proprio una
selezione di “possibili” irrealtà, inganni della visione elaborati da fotografi
e videoartisti contemporanei. Spesso si tratta di espedienti tecnici, come
quelli usati da
Olivo Barbieri per riprendere il paesaggio urbano nel film
site specific_Las
Vegas 05. La
metropoli americana, filmata da un elicottero con la tecnica del
tilt shift, si riduce a un modellino dove si
muovono figure irreali e fuori fuoco. Un vera e propria città giocattolo, dove
verità e finzione non sono più distinguibili.
Anche nell’opera di
Andreas Gursky,
Bahrain, si parte dalla fotografia del
reale per arrivare addirittura a decostruzioni che ricordano la pittura
astratta. Mondo reale e mondo rappresentato si sovrappongono, dando vita a
nuovi possibili modelli di realtà.
Cindy Sherman mette in scena grotteschi
(auto)ritratti femminili che ricostruiscono l’identità personale dell’artista
in un continuo sdoppiamento.
Ma la messa in scena non è solo quella ironica di Sherman.
Anche le storie di guerra vengono scritte su un set cinematografico. E la Storia
stessa si frantuma in immagini spesso violente, ma non sempre realistiche. È
quel che accade nei lavori di
Paolo Ventura, milanese trapiantato a New York,
che usa manichini e ricostruzioni ambientali per mettere a nudo l’orrore della
guerra in Iraq.
Sul tema della guerra e sulla sua rappresentazione torna
Aernout
Mik, denunciando
le pratiche manipolatorie dei mezzi d’informazione. Quelle che scorrono davanti
agli occhi dello spettatore sono immagini di riprese televisive realizzate
durante la guerra civile nell’ex Iugoslavia, ma scartate dalle agenzie
giornalistiche perché non abbastanza “interessanti”. La verità cruda della
guerra è fatta anche di bambini e anziani che impugnano le armi; i soldati si
mescolano ai civili; la tragedia e l’orrore si trasformano in spettacolo.
Il procedimento giornalistico spesso contribuisce a
decontestualizzare ogni avvenimento, rimuovendolo dall’ambiente di origine e
montandolo in maniera irreale. La domanda nasce spontanea: è ancora possibile
una rappresentazione della realtà non manipolata? “
L’uomo è ormai una mosca
prigioniera del virtuale”, secondo Baudrillard. E la realtà si è ormai definitivamente confusa
con la sua pallida immagine.