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Fino al 18.II.2001 Uniforme. Ordine e disordine Firenze, Stazione Leopolda
toscana
L’intenzione che ha spinto ad inaugurare Pitti Immagine con una mostra come quella in oggetto è quella dichiarata di promuovere la crescita e la diffusione di una moderna cultura artistica ed estetica collegate alla moda...
di redazione
Il progetto è interessante e imponente e mette in mostra diverse interpretazioni dell’oggetto Uniforme, interpretato come simbolo di fenomeni culturali, sociali e politici sempre tra loro opposti ma alla fine convergenti per forma e contenuti. Per questo il sottotitolo Ordine e Disordine appare perfettamente appropriato: esso indica le molteplici duplici valenze che l’abito standardizzato, che ha nell’uniforme militare il suo antenato, può assumere. In un allestimento – percorso a tappe e per temi che, però possono essere fruiti contemporaneamente, grazie alla pluralità di visuali sviluppate a diversi livelli, la divisa viene interpretata, infatti, elemento di distinzione e contemporaneamente simbolo di appartenenza: appartenenza ad un gruppo per distinguersi da un altro. La divisa sottolinea visivamente e immediatamente una comunanza, caratterizza il singolo e, contemporaneamente, ne annulla la singolarità che viene fagocitata dal clan con cui l’individuo si identifica. E un clan, una banda, si dota sempre di regole proprie, precise e che non possono e non devono essere infrante, pena l’espulsione da un’élite umana. Le regole suddette nascono sempre per differenza rispetto ad altre comunemente accettate, rispetto ad un ordine sociale, politico e culturale “di massa”, e la contestazione passa, innanzitutto, attraverso il corpo, quindi attraverso l’abito. I punk, i metallari, gli yuppies, i figli dei fiori, hanno tutti creato una propria moda, un codice vestito che consentisse loro di distinguersi e di essere immediatamente identificati come “diversi”. E l’esercito non viene meno alle motivazioni che muovono queste minoranze: società militare e società civile divengono unità separate e spesso in lotta tra loro “ con le Guerre Napoleoniche e la nascita dello stato moderno, l’affermazione della classe borghese, ma nascita del nazionalismo”, come ipotizza Stefano Tronchi nel catalogo della mostra. Le regole della vita nell’esercito seguono una disciplina e delle regole sconosciute al cittadino comune, e l’uniforme ne fa parte perché è il primo segno di riconoscimento dei propri simili e dei “diversi”, i potenziali nemici. Ma le uniformi sono anche strumento dell’ordine sociale costituito proprio perché consentono di identificare i diversi, coloro che non rispettano le regole della convivenza civile: i carcerati, i matti, gli ebrei, sono categorie che la società ha sempre sentito il bisogno di identificare a partire dall’abito. Ordine e disordine appunto, all’interno e all’esterno della società civile, regole date e regole infrante, colori e forme per spaventare e per riconoscere, per identificare il bene ed il male soggettivo o collettivo. Da questa molteplicità di significati ha sempre attinto e continua ad attingere la moda che trasforma quest’inconscio istinto in abiti e oggetti apparentemente innocui.
Francesca Pagnoncelli
Firenze, Stazione Leopolda
11 gennaio 2001 – 18 febbraio 2001
orari: martedì – venerdì 11.00 – 18.00
sabato e domenica 10.00 – 19.00
biglietti: intero £.8.000 – militari e anziani £.4.000
gratuito per bambini e ragazzi fino ai 14 anni
e studenti dell’Unione Europea
Informazioni: 055/3693407 – 02/86462919
Catalogo Charta
[exibart]
i punti ogni tanto li mettiamo o vogliamo fare dei periodi paroliberi?
L’articolo mi sembra scritto maluccio. (“duplici molteplici valenze..” e altre frasi intrecciate…)
un’altra osservazione: cosa viene esposto in questa mostra? vestiti, quadri, installazioni,foto? cosa?
Volevo sapere se la redattrice è stata alla mosta o ha visto solo la notiza da qualche parte. Io volevo essenzialmente sapere quali artisti esponevano e non sentire le sue filosofie sulle uniformi !
avevo letto da qualche parte che ci sono opere di grandi artisti contemporanei come Beuys, McCarthy, Kelley, Beecroft,Serrano…dovrebbe esserci anche Tillmans, il fotografo tedesco vincitore dell’ultimo Turner Prize!
Per tutti i ciritici: forse un elenco di nomi è un modo per parlare di una mostra, ma credo che le suggestioni e le riflessioni che questa può ispirare siano altrettanto importanti. E’ chiaro che sono commenti soggettivi quelli che vi offro, ma il tentativo è di incuriosire il lettore più che offrire un elenco di nomi e di oggetti. Comunque alla mostra trovate: fotografie, abiti, video, oggettistica e documenti riguardanti la vita di caserma, presentati in bacheche!QUalche nome: sono esposti abiti di Armani, Calvin Klein, Pierre Cardin, Dolce & Gabbana, Fendi, ecc. e opere di Lina Bertucci, Andres Serrano, Hiroshi Sugimoto, Jeff Wall, Cady Noland, Paola Pivi, ecc.
Per quanto riguarda l’eccessiva lunghezza e/o meccanosità del mio scrivere ringrazio invece chi ne rivela il limite e mi consente di migliorare, forse, lo stile.Buona giornata a tutti
con i vostri interventi gli articoli mi paion piu completi!
io ho visto questa mostra… credo che l’articolo sia all’altezza delle installazioni…
con riferimento ai commenti lascio giudicare avoi se vale o no la pena di andarci.