Il percorso nell’universo foloniano inizia nella Sala d’Arme di Palazzo Vecchio, dove la tenuità, la dolcezza e la delicatezza degli acquerelli catapultano il visitatore in un mondo di suggestioni magiche, in cui sogno e realtà si confondono e si potenziano. Un bassorilievo è dedicato all’amico Federico Fellini, altro grande sognatore, le cui immagini spesso ricordano il cammino creativo di Jean Michel Folon (Uccle, Bruxelles, 1934).
L’incantesimo raggiunge l’apice nell’installazione L’Equilibre, dove luce, movimento e musica interagiscono in un’opera di forte suggestione. Il viaggiatore-testimone Folon ha dagli anni Cinquanta un rapporto elettivo con Firenze, città che oggi gli offre il salotto buono di Forte Belvedere per una grande mostra monografica.
La leggerezza è l’anima dell’opera di Folon, ma anche il limite. Soprattutto nelle sculture, fulcro della rassegna, esili e raffinate, che sembrano sottrarsi alla vista sullo sfondo imponente della Firenze rinascimentale. L’artista belga ha cercato di proporre percorsi scultorei che interagissero con l’ambiente circostante, ma l’impatto risulta troppo fragile e quasi fatale per le sue “figure”, che ne vengono risucchiate.
Soltanto dove le forme si infittiscono e gli spazi si riducono si riesce ad apprezzare al meglio il senso delle opere, come in Alleé des penseé installazione di 14 sculture disposte sulla terrazza superiore.
Corpi di uomini normali, “l’homme moyenne” come lo ha definito George Simenon descrivendo i personaggi di Folon.Tutti simili, tutti nella stessa posizione, tutti espressione di un quotidiano condiviso. Solo le teste sono davvero diverse, i pensieri. Così l’architetto ha nella testa i palazzi, il musicista la chitarra, l’uomo che guarda il cielo un occhio come il sole ed uno come la luna. Nelle dieci sale interne i lavori esposti sembrano configurare un racconto completo ed
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