L’obiettivo, riuscitissimo, è quello di mettere in luce l’origine del movimento cinetico europeo che si sviluppò quasi in contemporanea nelle più importanti metropoli europee a cavallo tra gli anni ’50 e ’60. Il Gruppo Zero nacque per capovolgere il linguaggio dell’arte, per trovare nuove frontiere espressive. Il nome deriva dal concetto di inizio e di fine. Rappresenta il punto di riflessione, è la zona del silenzio e delle nuove possibilità.
La mostra, articolata in diverse sezioni, si concentra sui rappresentanti più insigni del movimento, mettendo in luce i rapporti di collaborazione, di stima e di poetica presenti tra gli artisti italiani e tedeschi. Ecco che, partendo dalle opere degli artisti di Gruppo Zero in Germania quali Otto Piene, Heinz Macke Gunter Uecker e Yves Klein, si passa alle istallazioni cinetiche di artisti italiani che, divisi nei gruppi Azimuth, Gruppo T e Gruppo Enne, formarono la risposta italiana al cinetismo di stampo germanico. Opere di Lucio Fontana lasciano il posto a quelle di Piero Manzoni, Enrico Castellani ed Francesco Lo Savio formando una straordinaria sequenza di capolavori che posero le basi dell’arte contemporanea italiana.
Dalle superfici ottiche di Castellani, alle opere inscatolate di Manzoni, ai tagli di Fontana: opere che lasciano perfettamente intendere come questo movimento avesse delle forti implicazioni espressive e linguistiche con l’Arte Informale di tipo materico, con quella più propriamente ottica, con il Tachismo e il Dadaismo francese. A dimostrazione che i giovani artisti del movimento cercarono di fare “tabula rasa” con i linguaggi artistici del passato, ma non troppo, perché erano anche fortemente convinti che le grammatiche pittoriche si costruiscono sull’analisi critica del passato e sull’evoluzione dei linguaggi preesistenti.
Ricca la documentazione in catalogo a dimostrazione che il movimento fu attivissimo in tutta Europa per tutto l’arco degli anni ’60 del XX secolo caratterizzando il modo di fare arte ed il design di quegli anni.
alessandra marzuoli
mostra visitata l’11 settembre 2004
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