Il percorso inizia nella project room dell’arco dei Becci con
Summertime (2007) di
Marcella Vanzo (Milano, 1973). Un video ottenuto dall’affiancamento simultaneo di due vedute percettibilmente diverse: sono le sequenze registrate dall’artista, in perfetto stile real tv, sulle coste di Zacinto e Lampedusa. Tra gli anfratti di queste isole, d’estate, sbarcano centinaia di persone. Ma mentre Lampedusa è il teatro dove si consuma la tragedia dello sbarco clandestino che va in scena ogni giorno, alimentandosi di realtà crudeli e speranze vanificate, Zacinto, prestigiosa meta balneare, è assiepata dall’arrivo continuo di turisti festanti. Avventura speciali, storie disperate, viaggi paralleli, energia, disperazione, sudore, tutto galleggia sulle rotte del Mediterraneo: la plastica, la cronaca, il gossip, il progresso, l’afa.
Si entra nel tunnel della pittura. In galleria si trovano i ritratti a olio che compongono
Dogzstar project (2007), prima personale italiana dell’artista cinese
Yan Lei (Hebei 1965), se si esclude l’intervento romano all’Edicola Notte. I soggetti rappresentati sono i componenti del gruppo rock-punk cinese Brain Failure. Li avevamo incrociati a Istanbul e ascoltati sul palco preparato dirimpetto al Padiglione Antrepo, in occasione dell’inaugurazione della recente Biennale curata da Hou Hanru. Presentandosi alla rassegna in veste di manager della band, Yan Lei aveva organizzato e documentato il loro concerto. Il materiale prodotto nel corso della serata è riproposto in mostra sotto forma di icona dipinta, seconda fase di un work in progress che traduce attimi di realtà vissuta in realismo pittorico. Yan Lei realizza una stratigrafia dell’immagine fotografica; sulla tela segue le linee isotermiche ricavate dall’indagine per ricostruire con nette campiture di colore l’effigie dell’immagine originaria. Risultano dipinti sgargianti di iperrealismo glamour, concettualmente simpatetico, tecnicamente soddisfacente, politicamente post-pop correct.
In platea si trova infine
Antartic Village-No Borders (2007) di
Lucy + Jorge Orta, ossia una piattaforma progettuale che rappresenta l’ultima fatica della coppia anglo-argentina, impegnata da sempre sul fronte “emergenze del pianeta”. Questo lavoro segue i progetti
Orta Water (2004/2007), legato alle problematiche idriche, e il più recente
Fallujah (2007), screening fotografico d’approfondimento sulle atrocità della guerra in Iraq, entrambi presenti in mostra. L’Antartico, regno dei ghiacci,
terra del fuoco con i suoi -80° gradi d’inverno, rappresenta il 70% delle riserve idriche della Terra. Il Trattato Atlantico (1959) proibisce sul territorio Antartico ogni attività militare e promulga libertà di ricerca scientifica per tutti i Paesi del mondo e protezione dell’ambiente. Nell’immaginario d’approccio lavorativo degli Orta, il regno dei ghiacci diventa un’utopica terra promessa o, comunque, un rifugio possibile per accogliere migrazioni e diaspore. Dislocato sull’ampio salone-platea della galleria, il campo base tempestato di tende variopinte e paracaduti in atterraggio rappresenta l’oggettualizzazione e la trasposizione metaforico-concettuale di Antartic Village. Il lavoro s’impegna a sostenere l’inclusione del Diritto alla libera circolazione delle persone, nell’articolo 13 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo (1948), un diritto fondamentale per sfuggire ai conflitti sociali e politici.
A livello oggettuale, il progetto si concretizza nel goretex delle tende e nella stoffa viscosa delle bandiere appuntate su carte-collage riempite di schizzi, riflessioni poetiche, silhouette inaspettate d’animali glaciali, colori e natura totalizzante. Il progetto è sostenuto dalla prima Biennale Artica, che si terrà a Ushuaia entro la fine dell’“anno polare internazionale”, il 2009.