La portata dell’invenzione della fotografia emerge attraversando le sale della mostra, allestite in bilico fra evocazione e iperrealismo da Giuseppe Tornatore.
Alla metà dell’Ottocento in un’Italia ancora industrialmente arretrata e politicamente divisa cominciava l’impresa degli Alinari. Fin da subito essi sfruttano la specificità del mezzo fotografico e passano dalla visione settecentesca della veduta, del ‘souvenir’ del Gran Tour, a immagini più moderne basate su una visione centrata e assiale, in sintonia dunque con le
Nella prima parte si delinea anche la ricerca di un’identità nazionale, modellata sulla contemporanea esperienza francese della Mission Heliographique, ovvero della documentazione dei grandi monumenti del passato e del Medioevo svolta da Viollet Le Duc. Gli Alinari traducono questo spirito e lo applicano non solo al Medioevo quanto al Rinascimento, sentito come più caratterizzante. Cosicchè le vedute di Firenze, Pisa e dei grandi monumenti acquistano un significato civile e politico. Anche l’amore per il dato e per la documentazione – opere d’arte, monumenti, città, paesaggi catalogati in maniera sistematica e quasi da filologi- trovano ampi riscontri nella cultura compilativa ed enciclopedica del secondo Ottocento.
Si chiarisce anche l’accostamento alla pittura dei Macchiaioli, per la comune ricerca di una visione nitida e ‘ben costruita’- per ottenere questo risultato gli Alinari introdussero l’uso di carta cerata- suggerito dal del ritratto di Fattori e dalle fotografie di paesaggio, esemplare del rapporto complesso che da subito s’instaurò tra pittura e fotografia.
L’esposizione dimostra come gli Alinari abbiano saputo mantenersi fedeli a quest’indirizzo, sfruttando via via l’innovazione tecnologica; approfondendo e ampliando il patrimonio di immagini dell’archivio, a tutt’oggi un imprescindibile riferimento per chi si occupa di arte e architettura. O persino cedendo l’attività dopo la Prima Guerra mondiale, garantendole la sopravvivenza. La parabola degli Alinari prosegue dunque fino ai nostri giorni con le fotografie a colori e con la realizzazione di nuove campagne, ma soprattutto come conservazione di un patrimonio di strumenti, di conoscenze e di documenti che illustrano la nostra memoria.
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silvia bonacini
mostra visitata il 31.I.2003
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