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29
aprile 2009
fino al 2.VIII.2009 Loris Cecchini Prato, Museo Pecci
toscana
We can be bound, run around. Così gli Stereolab nel disco Dots and Loops. La stessa volontà d'interazione spaziale, alias fuga dalla chiusura, che anima l'intera nuova esposizione di Loris Cecchini. Al punto che anche il museo si è voluto adeguare...
Un’apertura dialogica del Centro Pecci, secondo gli intenti dei curatori Marco Bazzini e Stefano Pezzato, al progetto Dotsandloops: retrospettiva sull’artista Loris Cecchini (Milano, 1969; vive a Prato e Beijing) ma presentata in forma atipica perché, pur nel rispetto della classica formula diacronica, si è cercato d’evitare il pericolo di una museificazione precoce.
Così il percorso viene presentandosi come una fluida e gigantesca installazione connotata, più che da un sistema rigido di cronologie e acquisizioni critiche, da un’originale miscela di assonanze-scontri-richiami. Tutto è permeato dal fascino della scoperta, carattere che del resto proveniva dalla genesi dell’operazione stessa, quando componente autoriale e curatela si sono connesse in un processo di proposte e controproposte, elaborando in circa sei mesi il risultato adesso visibile.
Che cosa sono le opere di Loris Cecchini? In predominanza sculture, tali appaiono formalmente. Eppure, nella sostanza c’è ben altro: vi troviamo un’interrogazione continua e continuamente variata sui rapporti spaziali. Dunque, la domanda diventa: che cos’è lo spazio? Sono estensioni che sanno introflettersi, strutture ingannevoli ricomposte sulla base dei punti d’osservazione, corpi inorganici che si gonfiano al ritmo di un respiro, strane materializzazioni di strutture molecolari. Infine e soprattutto, lo spazio è possibilità di un rapporto tra natura e costruzione, magari nella forma di roulotte e serre abitabili, minuti crystal palace della contemporaneità composti da pvc, piante e foglie varie.
Si potrebbero citare molte serie, dai primordi fotografici di No Casting al sorprendente pallone Blaublobbing (paradosso divisorio di pareti museali per tramite dell’aria), dal fuoriuscire di oggetti dalle mura (Gaps) fino alla virtualità onirica in poliuterano del labirinto (Empty Walls-Just Doors) e della respirante cella mortale (BBBreathless). È una diversità processuale – tutta però accomunata da mirabile tecnica – che sa rivelarsi nell’ambiente senza incorrere in alcuna contraddizione.
Questo perché gli slanci variabili dell’artista rientrano sempre in un’unica modulazione: anche quando il passaggio da stanza a stanza sembra più azzardato, stiamo fluttuando lungo la stessa linea d’onda; è solo che l’oscillazione ci ha trasportati da un vertice positivo a uno negativo (da un -1 a un +1, come coi numeri reali).
Un’immagine esemplifica tale andamento: è quella d’apertura del paesaggio Around and Around. Reticoli vettoriali raddolciti, simili a colline, rendono malleabile il luogo; tra l’immaginazione delle stampe e la concrezione dinamica Steelorbitalcoccons, l’osservazione riesce ad abbandonarsi priva di mete. Riprendendo il titolo, punti e ritorni, senza distinzione.
Così il percorso viene presentandosi come una fluida e gigantesca installazione connotata, più che da un sistema rigido di cronologie e acquisizioni critiche, da un’originale miscela di assonanze-scontri-richiami. Tutto è permeato dal fascino della scoperta, carattere che del resto proveniva dalla genesi dell’operazione stessa, quando componente autoriale e curatela si sono connesse in un processo di proposte e controproposte, elaborando in circa sei mesi il risultato adesso visibile.
Che cosa sono le opere di Loris Cecchini? In predominanza sculture, tali appaiono formalmente. Eppure, nella sostanza c’è ben altro: vi troviamo un’interrogazione continua e continuamente variata sui rapporti spaziali. Dunque, la domanda diventa: che cos’è lo spazio? Sono estensioni che sanno introflettersi, strutture ingannevoli ricomposte sulla base dei punti d’osservazione, corpi inorganici che si gonfiano al ritmo di un respiro, strane materializzazioni di strutture molecolari. Infine e soprattutto, lo spazio è possibilità di un rapporto tra natura e costruzione, magari nella forma di roulotte e serre abitabili, minuti crystal palace della contemporaneità composti da pvc, piante e foglie varie.
Si potrebbero citare molte serie, dai primordi fotografici di No Casting al sorprendente pallone Blaublobbing (paradosso divisorio di pareti museali per tramite dell’aria), dal fuoriuscire di oggetti dalle mura (Gaps) fino alla virtualità onirica in poliuterano del labirinto (Empty Walls-Just Doors) e della respirante cella mortale (BBBreathless). È una diversità processuale – tutta però accomunata da mirabile tecnica – che sa rivelarsi nell’ambiente senza incorrere in alcuna contraddizione.
Questo perché gli slanci variabili dell’artista rientrano sempre in un’unica modulazione: anche quando il passaggio da stanza a stanza sembra più azzardato, stiamo fluttuando lungo la stessa linea d’onda; è solo che l’oscillazione ci ha trasportati da un vertice positivo a uno negativo (da un -1 a un +1, come coi numeri reali).
Un’immagine esemplifica tale andamento: è quella d’apertura del paesaggio Around and Around. Reticoli vettoriali raddolciti, simili a colline, rendono malleabile il luogo; tra l’immaginazione delle stampe e la concrezione dinamica Steelorbitalcoccons, l’osservazione riesce ad abbandonarsi priva di mete. Riprendendo il titolo, punti e ritorni, senza distinzione.
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matteo innocenti
mostra visitata il 4 aprile 2009
dal 4 aprile al 2 agosto 2009
Loris Cecchini – Dotsandloops
a cura di Marco Bazzini e Stefano Pezzato
C.Arte – Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci
Viale della Repubblica, 277 – 59100 Prato
Orario: da mercoledì a lunedì ore 10-19; dal 10 giugno al 22 luglio: mercoledì fino alle ore 21
Ingresso: intero € 5; ridotto € 4
Catalogo disponibile
Info: tel. +39 05745317; fax +39 0574531901; www.centropecci.it
[exibart]
Cecchini è uno di queli artisti emersi alla fine degli anni 90 e oggi un po’ appiattito su i dictat commerciali della galleria continua(a cui il fratello zuffi-più bravo- non ha voluto sottostare andandosene).Fa bene a vivere in Cina dove la sua grafica espansa può trovare facili fortune.
Il Museo Pecci, si è appiattito più su una logica di sopravvivenza, che su una promozione di qualità, di approfondimento e meritocrazia.
A Prato manca il pubblico dell’arte contemporanea, e quei pochi li hanno fatto allontanare da questo museo mortificante e spento di idee.