Davanti alla nuova mostra di
Enzo Cucchi (Morro d’Alba, Ancona, 1949; vive ad Ancona e Roma) si è come attori di uno strano accadere. Dapprima è un senso di disorientamento, frustrazione, persino rabbia. Si vaga da un punto all’altro del percorso con la mente vuota e convinti, senza saperne dare una definizione, che manchi qualcosa. Poi questa assenza, d’improvviso, si fa rivelazione. Sospesi sulle nostre vertigini emotive – quasi fossimo quegli uomini sulla cima di monti misteriosi, tracciati a carboncino dentro le spoglie cornici – ci accorgiamo del nostro esser già precipitati. Giù senza difese, profondamente catturati dalle visioni dell’artista, fino a sentirne l’intimo respiro. Un avvicinamento che avviene dunque non per comprensione ma per sensibilità, lontano dalla fascinazione dei concetti, degli intellettualismi, delle dottissime spiegazioni a corredo.
Coerentemente l’esposizione
Cucchi DISegno, realizzata dal Comune di Lucca in collaborazione con la Fondazione Cassa di Risparmio della Provincia, si propone sulla base esclusiva dei disegni, senza ricorrere ad alcun testo o cronologia. Soltanto l’evidenza di 168 piccole tracce, tutte provenienti dalla Galleria Emilio Mazzoli, come testimonianza di un’intera carriera.
Il titolo della mostra, anche nella grafia, è rivelatore di una differenza profonda: ovvero, se il disegno è la fase in cui l’idea artistica già si rende riconoscibile, il segno è invece l’istante dell’intuizione, del restare significante.
Partendo da ciò, i
DISegni di Enzo Cucchi si pongono come preparazione eventuale a una logica del discorso: casa, cane, mano, croce, monte, uva, uomo, simboli ancora in stato embrionale – e in quanto tali dal sapore esoterico – diverranno forse, un giorno, connotativi di uno stile personale.
Allo stesso modo, piccoli fogli strappati da quaderni potrebbero in futuro essere trasposti su tela. Sarà solo il tempo a rivelarlo. In fondo che importa? Per l’artista conta semmai il dubbio, poiché esso, declinando ogni responsabilità d’affermazione, permette di esprimersi al massimo della sincerità, di trasfigurarsi in reminiscenze di vita o di sogno. La bibbia della genesi e dell’apocalisse, l’incontaminata terra natia, il movimento delle linee, il mistero divino e pauroso della natura. Sfuggendo l’opera alla costruzione del senso, anche lo spettatore ritorna libero. Ne conseguono i sentimenti estranianti di cui si scriveva all’inizio.
La prima scelta per le nuove sale di Palazzo Guinigi è dunque coraggiosa, poiché ricaduta su due identità volontariamente mancate. La prima è una mostra che non vuol darsi come tale, in quanto privilegia dell’opera di Enzo Cucchi il suo labirinto, lo “
lavora dentro”, come segnalato nello splendido saggio di Achille Bonito Oliva in catalogo. La seconda è un museo
a tempo, che esordisce non proponendo ma sperimentando, quasi si trattasse di un numero zero. Lucca dimostra insomma di avere passione e idee; attendiamo con piacere i prossimi eventi.
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ciao Matteo ti saluto da Firenze.