Come ogni anno, seguendo una tradizione ultra trentennale, il Comune di Siena, in occasione del Palio di agosto dedicato alla Vergine Assunta, ha conferito l’incarico di dipingere il drappellone ad un artista contemporaneo di chiara fama, dedicandogli poi una retrospettiva ai Magazzini del Sale. Quest’anno, dopo illustri predecessori quali Adami, Chia, Dine, Salvo e Paladino, è stato convocato Tino Stefanoni.
L’artista lecchese ha stravolto l’immaginario dei contradaioli senesi presentando un Palio scarno e sintetico: in un’atmosfera da “notte della vigilia”, ricca di attese e speranze, campeggia in primo piano la Torre del Mangia, simbolo indiscusso di Siena, raffigurata secondo la tipologia consueta degli edifici di Stefanoni, ai lati i colori dei vessilli del Comune e delle contrade. Su tutto incombe la presenza diafana della Vergine Assunta, raffigurata senza volto e con forme appena abbozzate. Inutile dire che un’opera del genere è stata accolta dai contradaioli, avvezzi a rappresentazioni più tradizionali, meno concettuali e fatte in serie, con un’atmosfera piuttosto tiepida che neppure le parole di Philippe Daverio, che ha definito Stefanoni “il cuoco dell’arte contemporanea”, sono riuscite a scaldare.
La retrospettiva ai Magazzini del Sale offre una panoramica sull’opera di Stefanoni, utile per comprendere la versione del drappellone di agosto. Sono sessanta opere che tracciano un percorso creativo di oltre quaranta anni di attività, ma che soprattutto evidenziano l’evoluzione della sua ricerca dai Riflessi degli anni Sessanta, alle Piastre guida per la ricerca delle cose del 1971; dai Segnali del 1969 – 70, alle Memorie del 1975-76, all’Elenco delle cose del 1978-83. Fino alle opere realizzate nel 2006.
Pur utilizzando da sempre la figurazione, Stefanoni si accosta all’ambito dell’arte concettuale: estrapola oggetti d’uso comune dalla quotidianità e li colloca nelle sue tele conferendo loro un significato diverso, recondito ma universalmente riconosciuto e assimilato. Un imbuto, una camicia, una borsa dell’acqua calda, completamente decontestualizzati dalla realtà si offrono allo spettatore alla stregua dei cartelli esplicativi che
Al di là del forte intento di razionalizzazione, di controllo quasi maniacale degli oggetti che ci circondano, si avverte un’atmosfera inquietante, come se da un momento all’altro in quell’universo colorato, per certi versi assimilabile ai fumetti di Altan sia per forme che per colori, potesse accadere qualcosa di incontrollabile e terribile. Il senso di sospensione e di liricità che traspare dalle opere di Stefanoni assomiglia molto alle atmosfere poetiche e ironiche di Magritte, specialmente nel caso delle raffigurazioni di sezioni di paesaggio in cui luce diurna e luce notturna si fondono insieme stravolgendo i canoni della realtà (come nel noto dipinto del maestro belga L’empire des lumières del 1954). Le opere realizzate nel corso degli anni Novanta e Duemila si concentrano principalmente su due generi, che poi sono diventati il segno distintivo di Stefanoni: porzioni di paesaggio e piccole nature morte, dove i medesimi elementi, siano essi case bianche, cipressi, bandiere al vento, oppure ciotoline, piante da appartamento e tavoli, si reiterano con piccole variazioni.
A fare da corollario alla retrospettiva realizzata ai Magazzini del Sale, la mostra di disegni e grafica di Stefanoni presso la Galleria Francesca Sensi, sempre a Siena, presso la quale sono esposti dieci disegni inediti –carboncini su carta- racchiusi da cornici ideate dallo stesso artista.
sara paradisi
mostra visitata il 10 agosto 2006
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