Con la galleria vuota l’opera di Roberto Barni si gusta appieno. Dopo il vernissage affollatissimo, negli ampi spazi rimangono solo colore e quell’atmosfera carica di rimandi e di dotte citazioni. Rivisitazioni che solo un grande artista riesce a gestire senza timori e con l’assoluta certezza che siano ormai un patrimonio genetico impossibile da relegare nel ricordo.
Nelle sculture e nelle tele troviamo elaborazione personale e capacità di esprimere in una sola armonica composizione icone ataviche e simboli contemporanei. Al centro delle due sale rispettivamente i grandi bronzi: Passione e Moto, avvolti dai colori decisi e dalle dimensioni avvolgenti dei dipinti. In Figure di passaggio, esposizione delle opere più recenti, si percepisce distintamente l’evoluzione artistica
Le figure di Barni ricordano l’arte etrusca nella estrema stilizzazione e nell’aspetto antropomorfo longilineo quasi Ombre della Sera, poetico appellativo dato al famoso bronzetto etrusco del III a.C.
Sembra che lo studio della toreutica sia familiare all’artista, i suoi cervidi appaiono balzati fuori da fibule e armille d’oro, decontestulizzati e perciò così moderni. Anche elementi fitomorfi appaiono sporadici ma estremamente efficaci negli oli su lino di Figure di passaggio fra gli alberi , Grande paesaggio con animali e alberi o Uomo e cervo in cornice di ferro. Ma la vera novità sono i fondi delle tele; al compatto monocromo da cui emergevano gli elementi figurativi, si sostituisce una trama rigata come in Figure su
E narrano, come dice in alcuni passaggi del testo in catalogo Bruno Corà di una ..umanità … (che) appare piuttosto come un modello o un prototipo dell’uomo reale svuotato da passioni, privo di tensioni drammatiche, pervaso da un automatismo deambulatorio…funzionale solo all’emblema del “wanderer”.
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