Dissacratore, ironico, concettualista discusso, provocatore ed irrispettoso. I suoi lavori nascono dall’intervento su immagini di una cultura imponente, come quella del ‘600 fiammingo, con la quale Wim Delvoye (Werwik, Belgio 1965) sente di doversi inevitabilmente confrontare.
Un confronto che è in realtà collisione fra antico e contemporaneo e che si risolve, dal punto di vista concettuale, nel rifiuto della tradizione (oggi improponibile, dice) e, dal punto di vista estetico, in scelte spesso volutamente sgradevoli e provocatorie, ma qualche volta anche piacevoli e di ottima manifattura artigiana.
Caratteristica del lavoro è, dunque, l’incontro-scontro fra oggetti di uso quotidiano e modelli classici (come le figure delle ceramiche di Deft, gli schemi dei tappeti orientali o i motivi dell’arte tradizionale religiosa), che mira a sconvolgere l’abituale rapporto con le cose, quindi a disorientare lo spettatore e frantumare l’equilibrio fra la realtà attuale e l’esaltazione romantica del passato
La commistione fra diversi elementi privi di relazione impoverisce sia gli uni che gli altri del significato e della funzione originaria. Ne sono un esempio: i “maiali tatuati” con le popolari aquile dell’Harley Davidson, oppure i marble floors, pavimenti che simulano antiche tarsie di marmo con l’utilizzo di materiale deperibile (come i salumi); mentre la serie Chapel è dedicata alle finestre gotiche medievali nelle quali gli originari vetri istoriati con scene religiose sono sostituiti da meno spirituali sex rays (radiografie di atti erotici).
Nella piccola retrospettiva Viaggio in Italia si vedono in mostra lavori presentati nel nostro paese fra la fine degli anni ’80 e gli inizi del ’90. A quel tempi Wim Delvoye, ancora agli esordi, probabilmente non possedeva quella carica polemica che si sarebbe in seguito rivelata incontenibile (al punto da proporre Cloaca, monumentale rappresentazione dell’apparato digerente ed escretore in grado di riprodurre le attività digestive e le necessità fisiologiche umane).
Malgrado gli intenti trasgressivi e provocatori dichiarati dall’autore, la mostra si stempera in toni pacati. La serie di tappeti persiani con alcuni uccelli dipinti non
E sembra che, nonostante il suo rifiuto, il passato persista presente nell’immaginario di Wim Delvoye.
carla piro
mostra visitata il 5 ottobre 2003
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