21 dicembre 2009

fino al 22.I.2010 46 I 09 Firenze, Galleria Biagiotti

 
GaBls in Biagiotti. Una collettiva per 14 giovani artisti. E le più vivaci intelligenze creative del territorio bellunese inondano di energia vitale la piana fiorentina...

di

“GaBls”, acronimo di giovani artisti bellunesi, nasce come
strumento di ricognizione delle risorse artistiche del territorio. La “s”
finale, significativa concessione a una contaminazione linguistica, letta nella
sua duplice funzione grammaticale, contiene in sé gli elementi cardine delle
motivazioni alla base del progetto che, seppur fortemente radicato nel
territorio, presuppone un’attenzione particolare alla pluralità e alla ricerca,
con una volontà e una prospettiva di apertura anche a livello internazionale.
Il gruppo di artisti, nato come torrentello selvaggio
dalle montagne bellunesi, ha assunto dopo meno di un anno le dimensioni di un
fiume in piena che ha ormai rotto gli argini provinciali. Una fiumana di
artisti che, come preziosi sali minerali sottratti alle rocce dolomitiche,
vogliono ora rendere fertili nuove aree culturali.
Il titolo della mostra, 46 I 09, è la stilizzazione grafica della
latitudine della città di Belluno, ponendo così l’accento sulla condizione d’appartenenza.
Gianluca d’Incà Levis, ideatore e promotore del gruppo, contraddistintosi anche in quest’occasione
per un’attenta regia curatoriale, ha dato vita a un fecondo momento di scambio
culturale e sociale, che ha trovato un’importante cornice istituzionale, grazie
anche ai patrocini della Regione del Veneto, delle Province e dei Comuni di
Belluno e Firenze.
Mario Tomè - Praktica - 2009 - album fotografico, coperta da bivacco - photo Paola Panzera
All’ingresso in galleria si trovano i due angeli lignei di Fabiano
De Martin Tropranin
. Messaggeri di amari presagi, Boy 1&2, tracciati con
ostentata disinvoltura, trasmettono un senso di stridore, scompensi e squilibri
in luogo di estasi contemplative. Una “cattiva scultura”, un lavoro di
carpenteria sapientemente regressivo, che esprime quel tormento, quella rabbia
e quell’energia selvaggia che il nostro tempo reclama.
L’esposizione continua con l’imponente Self-Portrait di Gabriele
Grones
, formato da 393 piccoli, iperrealisti ritratti di
parenti, amici e conoscenti, che hanno contribuito a definire nel tempo la sua identità.
Proseguendo, si avverte una grande energia nella varietà delle opere esposte.
Poi una piccola pausa, avvolti in una coperta da bivacco, per visionare Praktica, l’album
fotografico di Mario Tomè che raccoglie le immagini della
Schiara, gruppo montuoso a nord di Belluno, scattate dopo una notte passata nel
Bivacco Lussato. Una semplice coperta e un album fotografico, un ready made
“aiutato”, con cui l’artista prosegue la sua riflessione sul tema del bivacco.
Ericailcane + Emanuele Kabu - veduta dell’installazione site specific presso la Galleria Biagiotti Progetto Arte, Firenze 2009 - photo Paola Panzera
Al piano superiore, l’opera di Giacomo Roccon, Now, un agguerrito plotone in resina
formato da undici bambini-soldato svuotati del loro candore. E infine,
scendendo nell’interrato, un lavoro site specific a quattro mani, un deflagrante
quanto inatteso cortocircuito fra le cesellate immagini del surreale bestiario
di Ericailcane e le figure colorate, ricercatamente riduttive e
infantili, di Emanuele Kabu.

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alessio cardin
mostra visitata il 5 dicembre 2009

dal 28 novembre 2009 al 22 gennaio 2010
46 I 09
a cura di Gianluca D’Incà Levis

Galleria
Biagiotti Progetto Arte
Via delle Belle Donne 39/r (zona Santa Maria Novella) – 50123 Firenze
Orario: da martedì a sabato ore 14-19
Ingresso libero
Info: tel./fax +39 055214757; galleria@florenceartbiagiotti.com;
www.gabls.it

[exibart]


3 Commenti

  1. Meglio tardi che mai. Peccato che queste consapevolezze “local” arrivino sempre con un attimo di ritardo quando servirebbe essere altrove. Non si capisce se per conformismo degli interessati o per un paese per vecchi.

  2. caro luca rossi: non ho capito questo tuo striminzito post, peraltro scritto in italiano approssimativo, cosa piuttosto strana rispetto al tuo standard abituale; ne sono sorpreso, e siccome ho un po’ di tempo, ti interrogo; e dunque: non dico (anche se lo credo) che, avendo l’ambizione di scrivere sentenze sibilline, sia necessario padroneggiare l’arte dell’aforisma, ma almeno occorrerebbe provare a costruire delle proposizioni corrette; se uno pensa, in tre righe, di dover affrontare temi strutturali, abbattere presunti conformismi, buttar là tesi socioculturali sulla vecchiezza del paese e del sistema, dovrebbe prendersi almeno la briga di scrivere decentemente, e magari di scegliere il luogo adatto per farlo; altrimenti il giudizio risulta sommario; insomma, credo che se si ha davvero qualcosa da dire, sia naturale cercare di dirlo bene; la trascuratezza del linguaggio cela spesso un atteggiamento di sufficienza; e la sufficienza non è ammissibile: la critica è impegno, non te lo insegnerò certo io, mentre un post svolazzato in fretta e furia è inutile e fastidioso, che si perdona giusto allo sbadigliante blogger della domenica, che tu non sei, altrimenti non perderei tempo a replicare; ecco perché, tra le tue tre frasi, la terza è quella che infastidisce di più: pare scritta con la mano sinistra, mentre la destra regge la fetta di panettone; venendo ora al merito del tuo appunto (che se uno scrive in poco spazio ha anche da saper essere sintetico, altrimenti chi legge trova il caos nel poco): io non ho capito se per te questa “tardività” stia nel progetto specifico (gabls: quindi tardività DEL local) o nella sua recezione da parte del sistema (quindi tardività SUL local, anzi tardività della critica in generale); se la tesi è quella che a non funzionare sia il “contesto recettivo” e critico in generale, dico che non ha molto senso proporre il tema in tre righe al fondo di un recensione; naturalmente, il dibattito aperto è utile, ed auspicabile; inutile è invece la perentoria sicurezza con cui si decide in modo unilaterale cosa sia in ritardo, chi sia conformista, cosa sia vecchio, e in quale altrove bisognerebbe trovarsi in un dato momento (rispetto a quale ritmo cosmico o consapevolezza culturale o dogma temporale? stabiliti da chi? e poi, cosa significa che bisognerebbe essere ALTROVE? significa forse che alessio cardin avrebbe dovuto evitare di recensire questa mostra, per andarne a cercare un’altra in questo ALTROVE che tu stimi più attuale ed interessante?); a me questo pare un sentenziare distratto; ma se uno sentenzia, può esser tutto, fuorché distratto; io, a differenza di te, non credo esistano i paesi per vecchi, neanche al cinema, né credo in un regime, o clima, diffuso oppressivo, alimentato da retori tardivi, né credo nel ritardo e nell’anticipo quali categorie di valutazione e giudizio (se non per la collezione autunno-inverno di armani, ma allora parlerei, con simmel, di moda, piuttosto che d’arte); credo invece, molto semplicemente, che esistano progetti artistici buoni, forti e sani, alcuni nati al centro (?), altri nel braccio periferico (?) di una galassia qualunque (proprio come il sistema solare che ospita me, te ed exibart…) e progetti artistici meno buoni, o apparentemente forti, o segretamente malati, o pessimi; ecco perché l’esercizio accurato dell’indagine critica è strumento necessario e prezioso, quanto l’attenzione nell’uso della parola veicolo d’idea e di confronto aperto; in realtà, sono certo che tutto questo tu lo sai bene quanto me (però tu hai postato), quindi mi fermo qui; aggiungo che io, è ormai evidente, non amo i post; preferisco ragionare e sviluppare; il post è quasi sempre di tre righe: è patetico, scarno, insufficiente, presenzialista e superficiale, antidialettico, inaffidabile, negligente; dunque mi oppongo al post, e mi rileggo la recherche; perché andare a fondo non è mai tempo perduto, se non sei un trombone, o un polemista isterico (ed io invece sono ben quieto); tutto questo senza alcun livore, te l’assicuro, e augurando piuttosto la fioritura d’un fulgido elettrico dialogo…

  3. Caro Gianluca

    ti invito ad una maggiore sintesi, anche rispetto al tuo ego.

    Quello che criticavo, e che critico, è la totale assenza di una riflessione rispetto format, ruoli e linguaggio. Tutto quì. Tali carenze le possiamo vedere anche in Dolomiti Contemporanee, per quanto siano da lodare le energie e l’impegno espressi.

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