La pittura può ancora parlare di noi nel secondo millennio? Le opere dei quattro artisti in mostra ruotano tutte attorno a questo interrogativo, in una presa di posizione e di rimessa in discussione di se stesse, della propria identità a dialogo l’una con le altre, e in una pratica che muove gli autori dalla resa quasi fotografica della realtà alla sua trasfigurazione.
In occasione di Sulla pittura, mostra ariosa e sottilmente calibrata dalla curatrice Stefania Margiacchi, va in scena il coro polifonico della nostra contemporaneità: in questo caso, particolarmente intonato. L’invito a prenderne parte è stato rivolto, in un primo momento, a due artisti della generazione ’80: Ettore Pinelli e Giulio Saverio Rossi. A loro è stato in seguito chiesto di indicare il nome di un “maestro”, ovvero di un artista che avesse contribuito in modo più o meno diretto al loro approccio alla pittura.
Ecco dunque l’ingresso dei più navigati Marco Cingolani, insegnante di pittura di Rossi all’Accademia Albertina, e di Daniele Galliano, le cui opere sono state indicate da Pinelli come spunti per il proprio lavoro. La trama si infittisce e, quadri alla mano, lasciando parlare in modo franco le opere presentate, una volta appese a parete, emergono temi e modi del tutto affini, intrecciati, mai quanto adesso vicini.
Il primo è sicuramente la folla, intesa come forma di aggregazione: umana o, più in generale, materica.
Ettore Pinelli è interessato all’osservazione di Daniele Galliano sui gruppi di persone, quindi sugli aspetti della vita collettiva, come nel dittico Constellations o in Anything, che si traducono in pennellate gestuali, quasi meccaniche, capaci di delineare le figure ma abbozzandole: queste sono messe a fuoco solo nella totalità di visione data dalla giusta lontananza, in un limbo tra realismo e iporealismo, dunque in un movimento che parte dalla figurazione ma sfugge verso l’astrazione e che non disdegna il nero e la scala di grigi, complice forse la suggestione fotografica.
La folla viene letta da Pinelli con un’attenzione più sociale e politica, che traduce il lato inquietante eppur veritiero del nostro presente: la violenza, altro tema emergente all’interno della mostra. L’artista parte da un’immagine a schermo che, raggelata nella sua fermezza, ha il potere di caricare visivamente uno scenario già di per sé saturo di crudeltà. È il caso del trittico Deny a personal vision | ways to stand out, dove la negazione della visione è espressa dal titolo e concretizzata dai piani di colore costruiti su superfici parallele e semitrasparenti: un filtro tra noi e la violenza delle scene rappresentate.
Sulla Pittura, vista della mostra, foto di Giulio Saverio Rossi
L’oscillare tra figurazione e astrazione, così come lo zoom sulla realtà di Galliano, si ritrovano, in primo luogo, nel dittico Blurring Motion (rose light) 4th figure zoomed in di Pinelli, dove il colore riesce a svelare una figura che viene poi zoomata, portando per forza di cose a un movimento magnetico di avvicinamento e allontanamento. In secondo luogo, all’interno della realtà virtuale di All this will be recollected in sixteen days #2 di Giulio Saverio Rossi.
Il mondo di Rossi è originato da una costruzione del tutto arbitraria e artificiale del paesaggio, che scaturisce dall’utilizzo delle tecnologie digitali tipiche delle vedute satellitari. Tali visioni sono in realtà un montaggio di fotografie in successione, tra l’altro del tutto effimere perché soggette a revisione e correzione da parte dello stesso sistema satellitare, che rimappa nuovamente il pianeta e rimuove eventuali errori ogni sedici giorni. A colpo d’occhio, i lavori di Rossi sembrano dei monocromi “romantici”, soggetti però a una trasfigurazione della realtà e dunque a una forma di astrazione: solo dopo l’allontanamento si intravede quella punteggiatura fatta di sentieri e strade viste dall’alto.
In Marco Cingolani, infine, tale oscillazione diventa mescolamento senza soluzione di continuità: colori squillanti, liquidi, “sfregati” l’uno sull’altro, portano, ancora una volta, a uno sfocamento, chiamando sempre in causa la tecnica fotografica. Qui però, tutto è sublimato, trasfigurato al punto tale da divenire spirituale. L’estasi del colore nei quadri “a vanvera” di Cingolani, i suoi Buttonwood agreement, fa ormai abbandonare ogni figura riconoscibile, a favore dello spazio in cui succedono cose, in cui la realtà è, indubbiamente, trascesa.
Quindi sì, la pittura oggi parla ancora di noi e del mondo in cui siamo. Lo fa prendendone la giusta distanza.
Martina Marolda
Dal 25 febbraio al 22 aprile 2018
Sulla pittura: Cingolani, Galliano, Pinelli, Rossi
Via di Fontebranda, 5 – Siena
Orari: dal lunedì al sabato dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 16.00 alle 19.00,
domenica e festivi su appuntamento
Info: www.spaziosiena.com spaziosiena@gmail.com