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12
maggio 2008
fino al 22.VI.2008 Fattori e il Naturalismo in Toscana Firenze, Villa Bardini
toscana
In una cornice particolarmente attinente, una mostra che analizza le sfaccettature e i contrasti dell’insegnamento fattoriano. Il rifugio in Maremma come alternativa alla delusione della Firenze post-unitaria. L’emblema di una generazione artistica nata dopo la macchia...
L’anno fattoriano, come pensato a Firenze, sembra voler fornire l’occasione di approfondire aspetti e temi caratteristici, di solito considerati minori o marginali, come la fioritura del naturalismo in Toscana, sia nel suo aspetto di riflesso di più ampi movimenti internazionali, soprattutto francesi, sia come riflesso di eventi storici legati all’Italia post-unitaria.
L’opera di Giovanni Fattori è rappresentata da undici opere, alcune inedite, che coprono quasi un cinquantennio della sua attività: dalla contadina degli anni ‘60 alle opere naturaliste degli anni ‘80, quando i critici lo penalizzavano fortemente per quel suo verismo senza fronzoli, non riconoscendogli il ruolo di padre spirituale di una generazione.
Proprio come guida, nel 1875 Fattori accompagnò a Parigi i fratelli Francesco e Luigi Gioli, Niccolò Cannicci ed Egisto Ferroni. Quel viaggio rivestiva senz’altro per Fattori, formatosi su idee realiste courbetiane, un’esperienza diversa, non formativa, rispetto ai giovani che scoprivano piuttosto Jules Bastien-Lepage, e con lui una celebrazione della vita rurale che cercarono di declinare toscanamente: le Acquaiole di Gioli e le contadine di Adolfo Tommasi ne sono la conseguenza.
Questa pittura poteva abbandonare anche momentaneamente il tono aulico e carducciano per una visione più intima e frammentata, di cui anche Fattori era partecipe. Il confronto con le linee essenziali e classiche dell’aspro paesaggio maremmano e la sua cultura integra erano sentiti e additati da Fattori come indispensabili: La marcatura dei cavalli in Maremma e La raccolta del fieno in Maremma, con la loro monumentalità, fanno di questa terra dura il modello per Eugenio Cecconi e Guglielmo Micheli, allievo che si fece fedele interprete del linguaggio fattoriano.
Il contrasto fra città e campagna è un tema fondante per la pittura del secondo Ottocento. Partendo dal Viale Principe Amedeo di Fattori, di misure e poetica assolutamente proprie e distinte, qui viene amplificato ed esaltato dalle vedute urbane di Panerai (Piazza San Gallo), in cui si spande l’entusiasmo per la vita moderna con implicazioni che sconfinano nella storia e nell’uso della fotografia, ma ormai distanti dal maestro.
Che lo apostrofa come “ruffiano” e venduto negli sfoghi privati, ma che lo difende altrove per l’individualità e le possibilità espressive, secondo quei principi di libertà e idealità ereditati dal Risorgimento, che costituiscono la sua eredità più profonda e più vera.
L’opera di Giovanni Fattori è rappresentata da undici opere, alcune inedite, che coprono quasi un cinquantennio della sua attività: dalla contadina degli anni ‘60 alle opere naturaliste degli anni ‘80, quando i critici lo penalizzavano fortemente per quel suo verismo senza fronzoli, non riconoscendogli il ruolo di padre spirituale di una generazione.
Proprio come guida, nel 1875 Fattori accompagnò a Parigi i fratelli Francesco e Luigi Gioli, Niccolò Cannicci ed Egisto Ferroni. Quel viaggio rivestiva senz’altro per Fattori, formatosi su idee realiste courbetiane, un’esperienza diversa, non formativa, rispetto ai giovani che scoprivano piuttosto Jules Bastien-Lepage, e con lui una celebrazione della vita rurale che cercarono di declinare toscanamente: le Acquaiole di Gioli e le contadine di Adolfo Tommasi ne sono la conseguenza.
Questa pittura poteva abbandonare anche momentaneamente il tono aulico e carducciano per una visione più intima e frammentata, di cui anche Fattori era partecipe. Il confronto con le linee essenziali e classiche dell’aspro paesaggio maremmano e la sua cultura integra erano sentiti e additati da Fattori come indispensabili: La marcatura dei cavalli in Maremma e La raccolta del fieno in Maremma, con la loro monumentalità, fanno di questa terra dura il modello per Eugenio Cecconi e Guglielmo Micheli, allievo che si fece fedele interprete del linguaggio fattoriano.
Il contrasto fra città e campagna è un tema fondante per la pittura del secondo Ottocento. Partendo dal Viale Principe Amedeo di Fattori, di misure e poetica assolutamente proprie e distinte, qui viene amplificato ed esaltato dalle vedute urbane di Panerai (Piazza San Gallo), in cui si spande l’entusiasmo per la vita moderna con implicazioni che sconfinano nella storia e nell’uso della fotografia, ma ormai distanti dal maestro.
Che lo apostrofa come “ruffiano” e venduto negli sfoghi privati, ma che lo difende altrove per l’individualità e le possibilità espressive, secondo quei principi di libertà e idealità ereditati dal Risorgimento, che costituiscono la sua eredità più profonda e più vera.
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a cura di Francesca Dini
Villa Bardini
Costa San Giorgio, 4 – 50125 Firenze
Orario: tutti i giorni ore 9-19; chiuso il primo e l’ultimo lunedì del mese
Ingresso: intero € 6; ridotto € 5
Catalogo Polistampa, € 25
Info: tel. +39 055243140; www.firenzeperfattori.it
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