09 luglio 2001

Fino al 22.VII.2001 Sophie Guinzbourg, Dipinti e Grafica Firenze, Limonaia di Villa Strozzi

 
Un viaggio nel mondo delle emozioni e dei sentimenti: attimi di vita quotidiana e freschezza dell'esistenza restituiti dietro il velo del colore rosso...

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Un incontro inaspettato: contrapposte alle pareti bianche della Limonaia di Villa Strozzi, una serie di personali divagazioni sul colore rosso. Per Sophie Guinzbourg, squisita signora francese che espone per la prima volta in Italia, la riflessione sulla materia è condotta mediante un procedimento graduale: dall’intensità facilmente identificabile con i tratti emozionali di forti codici culturali, all’amaranto che rassicura le figure nell’intimità del privato. I volti allungati e simmetrici sembrano ripercorrere l’intensità o la delicatezza di un frangente. Sarebbe banale riferirsi a Modigliani; la somiglianza è in ogni modo riscontrabile, in particolare pensando al tardo Autoritratto del Livornese. Con gli occhi chiusi, Modì ha accettato la dolorosa lontananza da Lunia e da Kandinsky. La signora Guinzbourg sorride e mi parla dell’amore per la pittura ad olio, tecnica che le consente di esprimersi con completezza; il colore è steso su cartone, meno frequentemente su legno. In una serie di tele, tra cui “Le bal” e “La buvette”, osserviamo una festa notturna: un ballo in un’atmosfera piacevole e ricca di grazia; personaggi maschili gustano vino sicuramente prelibato. Con gli occhi socchiusi contemplano un attimo appena passato, una piccola dimensione nella quale la felicità scaturisce dal sereno piacere che è possibile provare sulla soglia del mondo dei sentimenti, dell’amicizia, dell’armonia. Il pensiero è rivolto, per un secondo o forse per l’eternità, all’istante che colora la vita sia nel tono intenso, di base, simbolo di una felicità immediata, sia nella variante scura che allude alla tenue malinconia dell’attesa. Poco prima del sospiro che le espressioni dei visi sembrano annunciare, il ricordo della gioia è comunicato attraverso il calore di pochi elementi che, citando Quasimodo, “si chiamano piano”, tra loro. Il volto di Rosa, la giovane donna seduta su un divano, è perfettamente ovale; il capo è appoggiato al braccio destro: nell’atteggiamento pensoso si confondono la dolcezza del ricordo e il dolore comunque sereno, causato dalla consapevolezza del tempo vuoto.Sophie Guinzbourg Il rosso vivido delle labbra è un’ennesima variante rispetto al grado di partenza. Dietro alla pelle bianca e delicata la parete del piccolo salotto richiama il costume di Arlecchino; è la teatralità della vita: il gioco delle parti è una costante che decora il quotidiano e il piccolo boudoir. È impossibile non pensare ad Arlequin presso la Corte di Francia, prima maschera dell’Arte e poi personaggio di Goldoni e Marivaux: le due culture vicine, nello stesso quadro. La limpidezza della ragazza vaga negli spazi vuoti che circondano la sua condizione nell’attimo in cui è ritratta; molto difficile avvicinarsi, poiché sorge uno strano contrasto tra l’innocenza dell’animo femminile, che l’osservatore vorrebbe fare propria, e la quasi impossibilità di osservare, nel mondo vorticoso, un’immagine del genere. È dunque vicina per la sua verità, lontana per lo stesso motivo: gioia perduta e assoluta, tristezza impenetrabile. In altre tele si rivelano motivi simbolici: in “Le marché” un fruttivendolo offre una mela a tre giovani signore accompagnate da un ragazzino: l’uomo è Paride, di fronte al quale si trovano Eros e il consesso delle dee. Nell’opera più ampia, al centro della sala, gli artisti del circo giocano con gli elementi primari: acqua, terra, fuoco e aria. Una piccola festa in una serata estiva, un incontro denso di emozioni in un Caffè solitario, un attimo di tenerezza tra le braccia dell’amato. All’esterno dell’esposizione è possibile mangiare e bere qualcosa, sorridere e frescheggiare con gli amici nella sublime notte fiorentina. In ultimo luogo le stampe ottenute da incisioni su linoleum e carborundum lasciano intravedere un ulteriore spicchio di sensibilità dell’artista: le labbra degli innamorati si toccano, le carni si mescolano. La signora spiega la sua tecnica ed elenca gli ingredienti; lo fa però con amore: le ridono gli occhi, e mentre evoca le possibilità della materia parla una lingua tutta sua. È giusto, dunque, che il mistero rimanga.

Link correlati:
sophie.guinzbourg.free.fr


Costantino Maiani




dal 3 al 22 luglio 2001
Limonaia di Villa Strozzi, Via Pisana 77
Telefono: 055-280268
Servizi: Bar SI, Toilette SI
Orario e giorni di chiusura: 19 – 24, chiuso il lunedì
ingresso libero
Catalogo: non disponibile


[exibart]

7 Commenti

  1. Modì con gli occhi chiusi ha un atteggiamento di accettazione del dolore. Volti malinconici, pensosi, causati dalla consapevolezza del tempo vuoto.Tristezza impenetrabile. I colori sono una serie di divagazioni dell’artista. Quadri che sembrano portarci nei ricordi del passato, l’interiorità dell’artista è colma di ricordi. Articolo molto bello che Costantino Maiani, col suo avvincente modo di scrivere, ci fa sentire vicini ai personaggi e vivere con essi, trasmette la sua delicatezza ed il rispetto che ha per l’arte. Bravo Costantino Maiani i miei complimenti. Maria Pezzica

  2. Ma qualche tagliuccio qua e là? No eh? Proprio no… La sintesi è la prima qualità di qualunque buon giornalista, e in questo i critici dovrebbero, ma proprio dovrebbero imparare. Si sa, un certo tipo di impostazione accademica non aiuta certamente; tanti soloni insegnano solo a essere pindarici e criptici… Peccato…Comunque si può sempre migliorare, ci mancherebbe, soprattutto quando c’è la stoffa

  3. Caro Sintesi,
    che i critici abbiano molto da imparare è lapalissiano, ma che questo glielo possano insegnare i giornalisti è semplicemente inopportuno, oltre che ridicolo.
    Qualcosa mi dice che tu appartieni ad una di queste due categorie.
    Il pezzo è molto bello e scritto bene.
    Ed è per questo che credo Costantino sia nè critico nè giornalista.
    E’ uno scrittore.
    Ciao, Biz.

  4. Caro Sintesi mi unisco a Biz e dico che l’articolo è molto bello e scritto bene. Costantino non è un critico e neppure un giornalista, è uno scrittore. Un bravo scrittore. Ciao. Maria

  5. Certo che Costantino scrive bene. Credo che l’equivoco sia altrove. Sintesi dice di tagliare, in realtà nessuno ha notato che il problema di quest’articolo è che l’autore non è andato a capo mai. Questo è un muro di parole! Io credo che il “punto a capo” non sia da abolire e che anzi aiuti la comprensione di un testo. Oltre al fatto che, grammaticalmente, quando si cambia discorso, tale provvedimento è necessario e obbligatorio.

  6. Che bell’articolo. Molto letterario e godibile. Temo però che l’articolo sia molto più interessante della mostra e delle opere, che trovo terribilmente anacronistiche. Costantino ci parla delle sue impressioni e lo fa con grande stile. Gli scrittori, i grandi scrittori, hanno questa capacità di rendere interessante anche la cosa più minuta.

  7. Ogni “canale d’informazione” (forse non è la terminologia giusta…) richede un diverso tipo di scrittura: in questo caso è necessario dare informazioni, descrivere l’ambiente, anche… Gli ambiti della ricerca pura sono ovviamente altri: solo una volta, ad esempio, ho pubblicato un saggio ampio e, diciamo così, “scientifico”, ovviamente riguardo il campo che mi compete. Anche quando si scrivono articoli brevi, però, può essere simpatico dosare impressioni e informazioni sull’oggetto. Se devo essere sincero la mostra di Sophie Guinzbourg mi aveva preso particolarmente, quindi mi è piaciuto scrivere in questo modo… Cambierò comunque approccio, anche perché scrivere bene un articolo informativo non è assolutamente facile, anzi… significa in ogni modo confrontarsi. I dipinti mi sono sembrati di ottima qualità; non saprei dire se si possono ritenere anacronistici. Spesso mi chiedo se la bravura dell’artista possa essere sufficiente a rendere l’opera “valida”, non so se mi spiego… devo anche confessare che alcune cose mi prendono.. e a quel punto mi piace comunicare quello che ho “ricevuto”. Ad esempio: ci pensavo sabato pomeriggio a Bologna, alla Mostra Internazionale del Cinema Libero, davanti alle immagini di “Le lion des Mogols” di Jean Epstein, del 1924, con il grande Ivan Mosjoukine. E’ una magia strana, che non è semplicissimo descrivere, e che dopo, all’uscita del cinema, ti fa essere troppo felice. Non l’ho provata molte volte, comunque.. ma quelle poche volte… e così anche di fronte ad un dipinto, che forse ricorda Modigliani, certo… beh, diciamo che ho percepito una sintonia con le situazioni dipinte dall’artista. L’idea di un goccetto con gli amici in una bella serata estiva mi attira terribilmente. E poi questa armonia, questo stare bene tutti insieme…
    Grazie a tutti per i complimenti e le critiche… recepito per quanto riguarda andare a capo… alla prossima!

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