Così Kublai Kan viene introdotto nella città di Zobeide, bianca sotto il riflesso della luna, dove “…tutto l’immaginabile può essere sognato…”. E nel sogno si nasconde il desiderio, il segreto, la paura e l’avventura. Pedro Cano (1944, Blanca, Spagna; vive a Roma) ha fatto suo questo sogno e nel ventennale della morte di Italo Calvino dedica allo scrittore la sua opera. 55 acquerelli ispirati a Le Città Invisibili trasportano il visitatore nell’idea profonda di quel dialogo fantasmagorico.
Come la parola per Calvino è prima evocazione e poi interpretazione, così Cano lascia che la sua arte parli da sé. Affinché ognuno tragga dall’immagine ciò che il proprio intimo evoca. Non è illustrazione di un testo, ma appropriazione di spunti che diventano un pretesto per azzardare una sintesi della propria vita. Cano trasferisce in immagini brani di alta poesia. I lunghi silenzi di uno spirito nomade che si sofferma, si affascina, rivive la luce dell’infanzia e gli sbattimenti d’ombra da tramonto inoltrato. L’indole gitana dell’artista, la sua miscellanea culturale “un po’ cristiana e un po’ islamica, un po’ latina e un po’ saracena” (A. Natali) appare in Diomira, città dalle sembianze arabe che Pedro Cano fa sorvegliare da due statue di eroi romani. Ma la luce è quella accecante giallo-rossastra del mezzogiorno mediterraneo. La stessa luce che ritroviamo con tonalità diverse in Eutropia e nella rosseggiante Zaira. Il sole fa spesso da padrone nei suoi acquerelli, ed anche Pentesilea che Calvino descrive come una città squallida “che si perde in acquitrini” è rivisitata dall’artista come una terra rocciosa ed arsa che fa tuttavia presentire una solare speranza di rinascita.
Dal libro letto molteplici volte nasce lo spunto per la piazza di Melania dove il dialogo e i ruoli sono metaforicamente interpretati da costumi di scena appesi e a disposizione. Allegoria di cambiamento di ruoli, quasi gioco di ridistribuzione delle parti. Perché le città di Calvino/Cano esistano, i segni di transito o di sosta sono ineluttabili ed indispensabili.
Così l’artista dipinge Zirma attraverso tatuaggi sulla pelle di un marinaio, Ottavia come la tela di un ragno ed Ersilia con i tanti fili che intessono le relazioni fra gli abitanti. Con tecnica raffinata e poetica visione Cano lavora su campiture prive di pennellate e con pochi segni esili svela l’intrecciarsi di rapporti parentali, di amicizia, di passione e di odio. Priva di abitanti e di movimento Ersilia vive dell’intrigo inaccessibile di fili. E’ allora che vengono smontate le case e gli abitanti se ne vanno a perpetrare il sogno di città invisibili che nascono dal cuore di città invivibili.
daniela cresti
mostra visitata il 13 ottobre 2005
Fino al prossimo 21 aprile il Museo Civico di Bassano del Grappa ospita “Brassaï. L’occhio di Parigi”, la mostra realizzata…
Fino al 24 febbraio l’installazione site specific dell’artista marocchina Meriem Bennani dà forma a una misteriosa sinfonia attivata da molteplici…
Parigi continua a fare della cultura un tassello cruciale di sviluppo: l’offerta delle grandi mostre, visitabili tra la fine del…
Una rassegna di alcuni lotti significativi dell’anno che sta per finire, tra maestri del Novecento e artisti emergenti in giro…
Un ponte tra Italia e Stati Uniti: c'è tempo fino al 30 gennaio 2025 per partecipare alla nuova open call…
Ci lascia uno dei riferimenti dell’astrazione in Campania, con il suo minimalismo, rigorosamente geometrico, potentemente aggettante nella spazialità e nell’oggettualità.…