Nelle Vite Vasari attesta come il territorio aretino fosse straordinariamente ricco di sculture lignee dipinte, oggi in gran parte perdute a causa della loro fragilità.
In questa esposizione si è voluto presentare un gruppo di queste sculture che grazie a recenti restauri hanno rivelato, al di sotto degli strati di nerofumo e di ridipinture successive, tutta la loro splendente cromìa originaria.
Grande stupore desta l’enorme scultura raffigurante il Volto Santo, l’effige tunicata di Cristo che, secondo la tradizione, fu scolpita da Nicodemo con l’aiuto divino. Il merito di questa mostra è quello di aver diffuso il documento che prova come questo Crocifisso, proveniente da Sansepolcro, sia il prototipo di quello attualmente nella Cattedrale di San Martino a Lucca, ceduto ai frati del Borgo di Arezzo perché in cattive condizioni. Un restauro durato cinque anni ha permesso di riportare alla luce la policromia della fine del XII secolo che, anche se più tarda rispetto alla scultura, rende quel volto, già di impressionante bellezza, ancor più espressivo e penetrante.
Proprio della tipologia del Crocifisso la mostra aretina fornisce una discreta varietà: dalle prime versioni che presentano il Cristo “triunphans”, trionfante sulla morte e sul dolore, e di cui è un bell’esempio il Crocifisso del museo Diocesano di Arezzo, a quelli che raffigurano invece Cristo che sopporta con pazienza le sue pene, dove la sensibilità del modellato si fa squisitamente anatomica ed epidermica. Vi sono poi esempi di quei Crocifissi cosiddetti gotico-dolorosi , tra cui è bellissimo quello proveniente dalla chiesa di S. Margherita a Cortona: il torace arcuato con le costole in evidenza, le braccia tese, il sangue che esce copioso dalle piaghe ed il volto sofferente diventano caratteri tipici di questi Crocifissi, cari alla devozione popolare, il cui scopo era soprattutto quello di impressionare il fedele.
Stesso valore devozionale, spesso oggetto di fede affettuosa, avevano le statue
In occasione di questa mostra si è voluto anche presentare un restauro che ha richiesto dieci anni di intenso e minuzioso lavoro, e grazie al quale è stata recuperata, in tutta la sua vivacità, la policromia del ciclo che raffigura i Mesi nell’archivolto della Pieve aretina. Così le briose figure, quasi a tutto tondo, che raffigurano i mesi dell’anno attraverso le attività dell’uomo legate al mondo agricolo, hanno recuperato tutta la loro espressività popolare.
Una mostra scientificamente raffinata dunque, che potrà forse porre le basi per una rilettura della scultura Medievale nell’Italia centrale alla luce del colore.
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Il sito ufficiale della mostra
linda pacifici
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