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08
giugno 2009
fino al 23.VIII.2009 Un mondo visivo nuovo Lucca, Lu.C.C.A.
toscana
Tabula rasa sul fronte figurativo a opera delle avanguardie, distruzione del reale a furia di guerre. L'Origine ritrovata in piccoli segni, embrioni di una nuova vita e di una nuova arte. Così l'astrattismo divenne pura potenza generatrice...
Il Center of Contemporary Art sarà la dimensione capace di dar maggiore sistematicità all’attitudine lucchese al contemporaneo, in sintonia e – lo immaginiamo – in collaborazione con i già sperimentati DigitalPhotoFest e Film Festival. Per l’esordio, quasi un gioco di parole o una dichiarazione d’intenti, il museo presenta una retrospettiva sul Gruppo Origine.
“Lo scopo ultimo di Kandinsky è di portare alla coscienza il fenomeno come tale, di farlo accadere nella coscienza; e, poiché il fenomeno è esistenza, ciò che si porta e si fa accadere nella coscienza è l’esistenza stessa”. Così scriveva Giulio Carlo Argan a riguardo del grande artista russo. Una definizione pregnante, che ben si presta a rilevare il rapporto di comunione/differenza stabilitosi tra quell’avanguardia e poi Origine stessa (ricordiamolo, formatasi nel 1950 a firma di Balocco, Burri, Capogrossi e Colla).
L’astrattismo d’inizio Novecento era lotta contro la rappresentazione naturalistica, per giungere a una purezza di linea e colori; contava appunto il fenomeno esterno, non ancora alterato dal raziocinio, quale strumento capace d’elevare l’impressione estetica a sensazione spirituale della totalità. La generazione successiva, pur in un approssimarsi teorico a Kandinsky e al Balla post-futurista, compiva un’operazione opposta: per essa i nuovi segni astratti non erano causa ma conseguenza di un annullamento ontologico, cioè minime e organiche particelle necessarie a una rinascita post-bellica.
Paradossalmente, il raggiungimento dello scopo, rigenerativo, avvenne soltanto dopo il veloce scioglimento del 1951. Perché, a quel punto, le sperimentazioni già erano sbocciate in personali sintassi e ogni singolo artista aveva acquisito un modus operandi che, trascorso dall’acerbità, ricercava infine la grazia. Un destino d’altronde estendibile a tutta l’arte astratta: esistere come libera composizione per poi tramutarsi, a causa d’inevitabili ripetizioni, in decifrabile linguaggio segnico.
Nel considerare la fuggevolezza e la frammentazione del Gruppo si avverte tuttora la difficoltà critica d’individuarvi una consistenza omogenea, reale oltre gli intenti e i proclami della coeva rivista “Arti Visive”. Probabile che la profonda esigenza di Origine fu d’aprire l’Italia all’internazionalità del linguaggio artistico; in tal caso, storicizzare un sistema così complesso – la stessa mostra suggerisce rimandi da Hartung a Matta, da Accardi a Vedova e così via – costituirebbe un’impresa troppo grande per un museo appena nato e i cui spazi, di per sé soddisfacenti, diventano limitati se in riferimento alla questione.
Occorrevano insomma confini più ristretti. Comunque, in rispetto alla bontà generale della nuova struttura e alla possibilità di vedervi un nucleo importante di opere, se ne concluda: meglio peccare d’ambizione, almeno in una prima mostra, che di mancanza d’idee.
“Lo scopo ultimo di Kandinsky è di portare alla coscienza il fenomeno come tale, di farlo accadere nella coscienza; e, poiché il fenomeno è esistenza, ciò che si porta e si fa accadere nella coscienza è l’esistenza stessa”. Così scriveva Giulio Carlo Argan a riguardo del grande artista russo. Una definizione pregnante, che ben si presta a rilevare il rapporto di comunione/differenza stabilitosi tra quell’avanguardia e poi Origine stessa (ricordiamolo, formatasi nel 1950 a firma di Balocco, Burri, Capogrossi e Colla).
L’astrattismo d’inizio Novecento era lotta contro la rappresentazione naturalistica, per giungere a una purezza di linea e colori; contava appunto il fenomeno esterno, non ancora alterato dal raziocinio, quale strumento capace d’elevare l’impressione estetica a sensazione spirituale della totalità. La generazione successiva, pur in un approssimarsi teorico a Kandinsky e al Balla post-futurista, compiva un’operazione opposta: per essa i nuovi segni astratti non erano causa ma conseguenza di un annullamento ontologico, cioè minime e organiche particelle necessarie a una rinascita post-bellica.
Paradossalmente, il raggiungimento dello scopo, rigenerativo, avvenne soltanto dopo il veloce scioglimento del 1951. Perché, a quel punto, le sperimentazioni già erano sbocciate in personali sintassi e ogni singolo artista aveva acquisito un modus operandi che, trascorso dall’acerbità, ricercava infine la grazia. Un destino d’altronde estendibile a tutta l’arte astratta: esistere come libera composizione per poi tramutarsi, a causa d’inevitabili ripetizioni, in decifrabile linguaggio segnico.
Nel considerare la fuggevolezza e la frammentazione del Gruppo si avverte tuttora la difficoltà critica d’individuarvi una consistenza omogenea, reale oltre gli intenti e i proclami della coeva rivista “Arti Visive”. Probabile che la profonda esigenza di Origine fu d’aprire l’Italia all’internazionalità del linguaggio artistico; in tal caso, storicizzare un sistema così complesso – la stessa mostra suggerisce rimandi da Hartung a Matta, da Accardi a Vedova e così via – costituirebbe un’impresa troppo grande per un museo appena nato e i cui spazi, di per sé soddisfacenti, diventano limitati se in riferimento alla questione.
Occorrevano insomma confini più ristretti. Comunque, in rispetto alla bontà generale della nuova struttura e alla possibilità di vedervi un nucleo importante di opere, se ne concluda: meglio peccare d’ambizione, almeno in una prima mostra, che di mancanza d’idee.
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Un mondo visivo nuovo. Origine, Balla, Kandinsky e le astrazioni degli anni ’50
Lu.C.C.A. – Lucca Center of Contemporary Art
Via della Fratta, 36 – 55100 Lucca
Orario: da martedì a domenica ore 10-19
Ingresso: intero € 7; ridotto € 5
Catalogo Carlo Cambi
Info: tel. +39 0583571712; fax +39 0583950499; info@luccamuseum.com; www.luccamuseum.com
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