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16
dicembre 2008
fino al 24.I.2009 Jianhua Nasr Op de Beeck San Gimignano (si), Galleria Continua
toscana
Tre mostre per tre artisti provenienti da angoli del mondo distanti e diversi. Che si ritrovano nel cuore della campagna senese. Per parlare di sogni, di incubi, di memoria e di conflitti. Interiori e non...
Hans Op de Beeck (Turnhout, 1969; vive a Bruxelles) ci ha abituati allo straniamento di ambientazioni che sembrano rigettare la presenza dell’uomo, ostili alle sue emozioni; a un freddo fiammingo, cristallino e inquietante. Anche quando la scena è ambientata nel deserto dell’Arizona, come nel video Celebration, il tempo e l’uomo si presentano come soggetti della scena, ma poi si rivelano dettagli trascurabili, in favore di una sospensione che il vento sibilante rende sinistra.
Nell’ampio spazio della platea della galleria, Liu Jianhua (Ji’an, 1962; vive a Shanghai), alla prima personale italiana, propone la ceramica – materiale base della sua ricerca – triturata nei rottami dello shuttle Columbia, esploso al rientro da una missione spaziale nel 2003. Ogni frammento del suo scheletro è un micromondo: teschi, oggetti d’uso comune, piccoli carri armati sono le spoglie di una tecnologia che l’uomo mette al proprio servizio per migliorare la sua vita. Nel video che completa l’installazione, Jianhua pone l’attenzione sulla vulnerabilità dei sogni umani e l’inesorabile infrangersi degli stessi contro una realtà spesso tragica. Una Shanghai costruita di dadi e fiches sembra solo l’ennesima città riprodotta con materiali inusuali, un modello logoro e ripetitivo, evitabile.
Molto lontana dai sogni e dalle distanze siderali è invece la mostra di Moataz Nasr (Alessandria d’Egitto, 1961; vive al Cairo), A Memory Fills with Holes, che fa il punto sul mondo arabo odierno: la cartina geografico-identitaria che nelle scuole arabe sovrasta la testa di ogni alunno diviene un puzzle i cui pezzi mancanti indicano le zone teatro di conflitti civili e internazionali, le stesse zone lacunose della nostra memoria, quotidianamente bombardata da migliaia di notizie.
La ricerca dell’identità, così difficoltosa per popoli carichi di storia millenaria – che aspirano a scriverne una moderna, lontana da pregiudizi, stereotipi e particolarismi -, si dipana per immagini in cui giovani egiziani cercano di fuggire dal proprio humus culturale, da un patrimonio identitario che riaffiora sempre sulla pelle, provocando frustrazione e rabbia, o che li imprigiona come una madre oppressiva e tiranna. Un lavoro che chiede allo spettatore partecipazione e condivisione, non solo nel dramma, ma anche nella contemplazione estetica del disegno tradizionale degli arabeschi, proposti simbolicamente in un tessuto di fiammiferi che, con le proprie ombre, ne svelano tutta la fragilità e bellezza.
I volantini minatori lanciati dagli aerei delle forze americane sul popolo iracheno diventano arazzi nella serie Propaganda: portando in sé un riferimento alla morte (in Egitto questi tessuti diventano tende durante i riti funebri), ogni pannello, ricamato con motivi geometrici e calligrafici islamici, illustra in toni quasi grotteschi, da striscia di fumetto, il tentativo d’intimidazione verso ogni manovra di reazione del popolo occupato.
La tragedia irachena e la visione che ne dà l’artista è messa letteralmente a fuoco nel dittico Under Fire: un Iraq fatto di fiammiferi, i cui colori diversi afferiscono alle molte etnie che compongono la sua popolazione. A un pannello identico è stato appiccato il fuoco: il cadavere carbonizzato dell’Iraq, arso sotto l’effetto domino di 14.800 fiammiferi, giace come una condanna. Alle fiamme sono scampati, accidentalmente, due fiammiferi: finchè c’è vita…
Nell’ampio spazio della platea della galleria, Liu Jianhua (Ji’an, 1962; vive a Shanghai), alla prima personale italiana, propone la ceramica – materiale base della sua ricerca – triturata nei rottami dello shuttle Columbia, esploso al rientro da una missione spaziale nel 2003. Ogni frammento del suo scheletro è un micromondo: teschi, oggetti d’uso comune, piccoli carri armati sono le spoglie di una tecnologia che l’uomo mette al proprio servizio per migliorare la sua vita. Nel video che completa l’installazione, Jianhua pone l’attenzione sulla vulnerabilità dei sogni umani e l’inesorabile infrangersi degli stessi contro una realtà spesso tragica. Una Shanghai costruita di dadi e fiches sembra solo l’ennesima città riprodotta con materiali inusuali, un modello logoro e ripetitivo, evitabile.
Molto lontana dai sogni e dalle distanze siderali è invece la mostra di Moataz Nasr (Alessandria d’Egitto, 1961; vive al Cairo), A Memory Fills with Holes, che fa il punto sul mondo arabo odierno: la cartina geografico-identitaria che nelle scuole arabe sovrasta la testa di ogni alunno diviene un puzzle i cui pezzi mancanti indicano le zone teatro di conflitti civili e internazionali, le stesse zone lacunose della nostra memoria, quotidianamente bombardata da migliaia di notizie.
La ricerca dell’identità, così difficoltosa per popoli carichi di storia millenaria – che aspirano a scriverne una moderna, lontana da pregiudizi, stereotipi e particolarismi -, si dipana per immagini in cui giovani egiziani cercano di fuggire dal proprio humus culturale, da un patrimonio identitario che riaffiora sempre sulla pelle, provocando frustrazione e rabbia, o che li imprigiona come una madre oppressiva e tiranna. Un lavoro che chiede allo spettatore partecipazione e condivisione, non solo nel dramma, ma anche nella contemplazione estetica del disegno tradizionale degli arabeschi, proposti simbolicamente in un tessuto di fiammiferi che, con le proprie ombre, ne svelano tutta la fragilità e bellezza.
I volantini minatori lanciati dagli aerei delle forze americane sul popolo iracheno diventano arazzi nella serie Propaganda: portando in sé un riferimento alla morte (in Egitto questi tessuti diventano tende durante i riti funebri), ogni pannello, ricamato con motivi geometrici e calligrafici islamici, illustra in toni quasi grotteschi, da striscia di fumetto, il tentativo d’intimidazione verso ogni manovra di reazione del popolo occupato.
La tragedia irachena e la visione che ne dà l’artista è messa letteralmente a fuoco nel dittico Under Fire: un Iraq fatto di fiammiferi, i cui colori diversi afferiscono alle molte etnie che compongono la sua popolazione. A un pannello identico è stato appiccato il fuoco: il cadavere carbonizzato dell’Iraq, arso sotto l’effetto domino di 14.800 fiammiferi, giace come una condanna. Alle fiamme sono scampati, accidentalmente, due fiammiferi: finchè c’è vita…
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dal 29 novembre 2008 al 24 gennaio 2009
Hans Op de Beeck – Celebration
Liu Jianhua – Dream in Conflict
Moataz Nasr – A Memory Fills with Holes
Galleria Continua
Via del Castello, 11 – 53037 San Gimignano (SI)
Orario: da martedì a sabato ore 14-19
Ingresso libero
Info: tel. +39 0577943134; fax +39 0577940484; info@galleriacontinua.com; www.galleriacontinua.com
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